DOSSI E PARADOSSI.
16 Febbraio 2018
TOZZ I VUCCON
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L’Allevamento come base di sopravvivenza dal Neolitico

Processo della produzione e trasformazione lattiero-casearia nelle comunità agricole nel nord del Mediterraneo.

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Riprendo ed incremento uno studio riguardante la produzione e la trasformazione del latte nel Neolitico nelle regioni d’Europa a nord del  Mediterraneo. – (Regional asynchronicity in dairy production and processing in early farming communities of the northern Mediterranean), Edited by Patricia L. Crown, The University of New Mexico, Albuquerque, NM, and approved October 6, 2016 (received for review June 10, 2016).

Inoltre riporto ed incremento uno studio circa la capacità dell’individuo di digerire il latte e la sua mutazione genetica per produrre la “lattasi”.

Chiaramente in assenza di qualsiasi prova diretta, il dibattito riguardanti l’uso di carni e latticini delle comunità del Neolitico nel Mediterraneo è abbastanza controverso.

Uniche fonti di prove, sono chiaramente i resti di recipienti di ceramica con studi osteoarcheologici a nord del mediterraneo e del vicino Oriente in siti risalenti al settimo millennio a.c.,

Dai vari studi la risultanza è stata che i latticini venivano utilizzati in maniera variabile da nord a sud dell’area rappresentata dall’europa del sud e parte dell’oriente meditarraneo, con massicce presenze di ruminanti domestici.

Il ritrovamento di residui del latte nelle ceramiche del neolitico (VII millennio a.c.), sia da est che ad ovest dell’area interessata, contrasta con l’enorme quantità di ossa di animali  ritrovate nella zona della Grecia Settentrionale. In questa regione i ritrovamenti di ossa di ruminanti suggerisce l’uso superiore di produzione di carne. In generale sembra che la produzione di latte e derivati, sia stata una attività importante per il sostentamento delle prime popolazioni residenti agricole.

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Nel sud est asiatico, l’addomesticamento degli ovini, caprini e bovini inizia tra l’8500 e l’8000 a.c., con tratti morfologici di addomesticamento dall’8500 a.c..

Tuttavia, poiché l’uomo iniziò ad addomesticare gli animali inizialmente solo per la carne, si ipotizza che solo un millennio più tardi la pratica dell’addomesticamento attrae l’uomo anche per la produzione di latte.

Lo sviluppo di metodi archeozoologi avanzati, permette ed ha permesso di individuare pratiche di gestione delle mandrie. Infatti, lo studio di ossa di animali (nello specifico ungulati), dimostrano attraverso la stima dell’età dentale, l’età di macellazione degli animali. Per cui da questo, si è potuto risalire ad una stima della produzione di carne e latte dagli ungulati. Inoltre si è scoperto che nel vicino medio oriente, la produzione di latte è iniziata prima del resto dell’Europa. Questo studio è avvenuto tramite le risultanze degli esami di lipidi di origine animale nelle ceramiche, datando l’uso intensivo di latte nel 7° millennio a.c..

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Ebbene, sappiate che stiamo sperimentando la teoria di Darwin sulla selezione naturale. Noto è che fin da tempi antichi gli individui hanno avuto la capacità di digerire latte fresco. Il lattosio che è un disaccaride per poter essere utilizzato come fonte di energia ha necessità di essere scomposto negli zuccheri : Glucosio e galattosio. Tutti i mammiferi neonati, e quindi anche l’uomo, possiedono un enzima,la lattasi,che nell’intestino e precisamente nel duodeno compie questo lavoro. A fine svezzamento questa capacità si attenua e scompare nel corso di pochi anni.

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Quando si beve latte, il lattosio digerito passa nel colon dove incontra i batteri, ed avviene la metabolizzazione e tra le varie cose si produce anche idrogeno. Proprio questo idrogeno, dall’intestino passa al sangue e da li ai polmoni, inoltre il lattosio richiamando acqua nell’intestino genera diarrea, crampi,flautolenze ed altro. Ecco questo in teoria dovrebbe avvenire per tutti, ma quelle persone che hanno sviluppato la capacità di continuare a produrre l’enzima, possono tranquillamente continuare a consumare il latte senza problemi.

Ora come ebbi a scrivere nel mio Libro “Il Tratturo delle Fate”, si è scoperto che a causa (necessità) del consumo di latte, alcune popolazioni che hanno potuto o dovuto sfruttare tutti gli alimenti derivanti dalla pastorizia hanno potuto nel tempo subire una Mutazione Genetica, avendo presente nel proprio DNA l’enzima che gli ha dato quella capacità essenziale di sopravvivere nutrendosi anche del latte da adulti.

Chi la produce e chi no

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Figura 1: stima della frazione di popolazione che produce la lattasi da adulto.

Sino a circa 40 anni fa si pensava che tutti gli adulti producessero normalmente la lattasi e si parlava di deficienza della lattasi per chi non era in grado. Ora si sa che è esattamente il contrario e che i primi studi avevano generalizzato una situazione tipicamente europea: solo il 35% degli esseri umani adulti ha la capacità di metabolizzare il lattosio mentre il 65% ne é incapace. In Europa la persistenza della lattasi è la situazione comune con punte dell’89%-96% in Scandinavia e nelle isole Britanniche e percentuali via via più basse andando verso sud, toccando solo il 15% in Sardegna. È interessante anche notare come in quei paesi il consumo di latte fresco sia culturalmente visto come simbolo di un’alimentazione sana e nutriente.

Questa variazione geografica la troviamo anche in India: nel nord la percentuale di adulti che produce lattasi è del 63%, diminuendo fino al 23% spostandosi verso sud. Nella maggior parte del resto dell’Asia e tra le popolazioni native americane invece la persistenza della lattasi é molto rara. In Africa la distribuzione é a macchia di leopardo: tribù tradizionalmente dedite alla pastorizia mostrano alti livelli di persistenza dell’enzima mentre popolazioni contigue ma non pastorali hanno percentuali molto piú basse. In Rwanda ad esempio il 92% dei Tutsi produce l’enzima ma solo il 2% dei Bashi. Analoga situazione tra Beduini (76%) e non-Beduini (23%) che vivono nelle stesse zone.

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La mutazione:

Grazie all’analisi del genoma ora sappiamo che la produzione della lattasi é regolata da un singolo gene sul cromosoma 2. I primi studi effettuati in Europa hanno dimostrato che negli individui “lattasi persistenti” è presente una mutazione genetica che dona la capacità di digerire il latte da adulti. I nostri antenati del Neolitico però non erano ancora in grado di farlo perché la mutazione è apparsa in tempi più recenti. Questo tratto geneticamente dominante é comparso e si è diffuso meno di 10.000 anni fa in alcune popolazioni dedite alla pastorizia solo dopo l’abitudine, culturalmente trasmessa, di nutrirsi con il latte munto. In Africa e in Medio Oriente sono state riscontrare mutazioni in zone diverse del DNA, dall’origine indipendente, ma dagli effetti analoghi: anche da adulti la lattasi continua a essere prodotta, ed è molto probabile che altre mutazioni simili verranno scoperte nelle varie popolazioni lattasi persistenti nel mondo, come l’India.

La migrazione dei popoli, ha portato i popoli ad avere contatto con alimenti che possono essere una novità per organismo. Un nuovo cibo, per essere digerito, ha bisogno di enzimi specifici, l’organismo può non avere questi enzimi, o averli addormentati, o quiescenti e questo può creare intolleranze alimentari. L’organismo quindi, deve stimolare gli enzimi addormentati, inviare informazioni per produrre i nuovi enzimi che contribuiscono alla digestione del nuovo alimento.

Queste novità culinarie, inducono il fisico a fare una mutazione adattiva all’ alimento ed ai vari tipi di cucina.

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Altri studi invece affermano che le mutazioni genetiche avvengono in modo completamente casuale, senza alcun tipo di “finalismo”Non è stata la presenza del latte come alimento a “causare” la mutazione. Poiché oggi la persistenza della lattasi è diffusa in molte popolazioni, si può concludere che la mutazione genetica casuale, apparsa indipendentemente in popolazioni diverse, sia stata selezionata e diffusa in quelle dedite alla pastorizia in un periodo di tempo abbastanza breve. La mutazione ha donato un vantaggio evolutivo a chi la possedeva e ai loro discendenti rispetto a coloro che non la possedevano, e con il passare delle generazioni (“solo” 400) in alcune zone è diventata dominante, perché chi poteva bere latte aveva maggiori probabilità di sopravvivere e di fare più figli e quindi di trasmettere quella mutazione in misura maggiore rispetto a chi non la possedeva.

Quale sia stato esattamente il vantaggio evolutivo offerto è, però, ancora oggetto di dibattito. Alcuni pensano che nelle zone del Nord Europa, con una bassa esposizione solare, l’assunzione di latte fresco possa aver fornito una preziosa fonte di calcio vitamina D, sostanza che nei paesi più a sud viene prodotta nella pelle per azione della luce solare o assimilata da una dieta ricca di pesce. La vitamina D regola l’assorbimento del calcio e quindi l’assunzione di latte fresco avrebbe potuto scongiurare l’insorgere di malattie come il rachitismo. In zone aride come l’Africa invece la spiegazione più probabile è che la possibilità di bere latte da adulti abbia fornito un indubbio vantaggio ai possessori della mutazione, fornendo l’accesso ad un liquido relativamente non contaminato e ricco di calorie e nutrienti, evitando diarree e le conseguenti disidratazioni che potevano essere anche fatali per coloro incapaci di digerire il latte. In ogni caso, la diffusione della mutazione è un fatto accertato.

All’università dell’Aquila invece uno studio ha evidenziato come il continuo bisogno di alimentazione, abbia fatto si che l’uomo si sia auto-modificato geneticamente a forza di usare come fonte di alimentazione latte e prodotti derivati da esso.

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Sembra assurdo parlare di “innaturalità” del bere latte da adulti considerando che noi che possiamo berlo, perché produciamo la lattasi, siamo stati geneticamente “selezionati” proprio grazie ai vantaggi forniti da questa bevanda. Non c’è proprio nulla che vada contro la nostra “stessa fisiologia”. Se vogliamo è talmente “naturale” che, a differenza dei Cinesi, continuiamo a produrre l’enzima per digerirlo anche da adulti. E in Cina nessuno fa campagne contro l’uso del latte, perchè è perfettamente inutile.

La persistenza della lattasi è probabilmente il miglior esempio di coevoluzione gene-cultura avvenuta nell’uomo in periodi relativamente recenti. La trasmissione, per via culturale, della tradizione di usare il latte come alimento ha creato una forte pressione selettiva che ha selezionato quelle mutazioni genetiche che rendevano possibile il consumo di latte fresco, cosa che a sua volta ha rafforzato la tradizione e la cultura dell’uso del latte.

Darwin sarebbe stato deliziato da queste scoperte e chissà, forse avrebbe brindato con un bicchiere di latte.

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La diffusione di pratiche agricole

La diffusione di pratiche agricole verso ovest lungo la costa del Mediterraneo settentrionale si crede sia avvenuta in vari step, in base alle varie colonizzazioni da parte dei pionieri poi trasmesse agli indigeni.
L’Importanza di questa ricerca è che unisce le analisi dei residui di lipidi nei vasi di ceramica come prova delle avvenute macellazioni di ruminanti domestici, per fornire una prova convincente per diverse strategie di sussistenza nel bacino del Mediterraneo settentrionale durante il Neolitico.

I risultati mostrano che lo sfruttamento e la lavorazione di latte varia in tutta la regione Mediterranea, anche se la maggior parte delle comunità hanno cominciato a sfruttare animali da latte tra 9.000 e 7.000 anni fa. Questa scoperta è particolarmente importante in quanto ci fa notare  il cambiamento di sussistenza umana verso la produzione di latte rimodellando la cultura preistorica europea, la biologia, e l’economia in modi che sono ancora oggi visibili.

Contributi da: C.D.S., R.E.G., M.R.-S., O.E.C., J.-D.V., e R.P.E. progettato ricerca; R.E.G. eseguita analizza il archeozoologica statistico; C.D.S. e M.R.-S. eseguita su residuo lipidi analisi; C.D.S. e R.E.G. eseguite le analisi statistiche del set di dati; L.C.N., J.G., C.M., I.M.M., M.S.S., D.U.-K., e H.L.W. il campionamento di materiale diretto di reperti archeologici, scavi, e ha contribuito con gli studi archeozoologici sulle  analisi dei residui di lipidi; e C.D.S., R.E.G., M.R.-S., O.E.C., J.-D.V., e R.P.E. ha scritto in carta. Gli autori dichiarano assenza di conflitto di interesse. Questo articolo è un PNAS Direct Submission. 1 C.D.S., R.E.G., e M.R.-S.: Facoltà di Scienze Archeologiche dell’Università di Bradford, Bradford BD7 1DP, Regno Unito.

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Lo sfruttamento degli animali durante il settimo al quinto millennio aC attraverso il Mediterraneo settentrionale e Anatolia. (Fig. 1)

In particolare questo studio, vuole  verificare se la produzione di latte è nata in risposta alle particolari caratteristiche ambientali o se era guidata da tradizioni culturali introdotte nel Neolitico.

I risultati delle nuove analisi su residui di lipidi effettuate su 567 frammenti hanno dato dei risultati chiari,  con i risultati precedentemente pubblicati dal bacino del Mediterraneo orientale (9, 18-21) (Tabella S1). I lipidi sono stati analizzati utilizzando cromatografica, spettrometriche, e metodi isotopici per caratterizzare la loro sorgente e identificare prodotti lattiero-caseari e residui carcassa. Osteo-archeologici di età-a-morte i dati per i bovini e caprini sono stati raccolti e profili di mortalità sono stati valutati utilizzando analisi corrispondenza biplot (CA) a valutare le pratiche di macellazione (Tabella S2). questi complementare di dati sono combinati per fornire una globale prospettiva regionale di sfruttamento degli animali nel periodo preistorico.

In assenza di ceramiche, vi è naturalmente un’assenza di dati di lipidi ma i lipidi [secondo la metà del VII al VI millennio aC: Dillo Sabi Abyad , Sha’ar Hogolan , al-Basatin ]. Ad esempio, a Tell Sabi Abyad circa il 11% dei frammenti conteneva grassi animali, di cui il 13% erano di origine lattiero-caseari. I ruminanti sono stati gestiti per numerosi prodotti, e l’uso di contenitori non ceramici per l’elaborazione del Latte, potrebbe spiegare la bassa frequenza apparente di residui di latte in vasi di ceramica della regione.

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Levante e Anatolia, Una rassegna di residui organici Pubblicazioni Analisi e Studi ATD.

I ruminanti da latte sono stati originariamente addomesticati (1, 26 Isola di Sktros), in questa regione dove hanno avuto origine le culture neolitiche europee (27) (Turchia – Smime). I Caprini hanno dominato nella zona (28) (Bursa – Turchia), e  le analisi del periodo Neolitico preCeramiche unendole con le precedente analisi del sito (27) hanno  indicato che la gestione dei caprini per i prodotti lattiero-caseari è stata praticata durante il PPNB, mentre durante i periodi PN, c’è stato uno sviluppo verso pratiche di sussistenza misti (3). Infatti, nei siti PN del Vicino Oriente si trovavano strutture produttive  di mandria formate da animali adulti da carne.

In assenza di ceramiche, vi è naturalmente assenza di dati lipidi per la PPN, ma i lipidi sono stati rilevati solo nel  10% dei frammenti PN dai siti esaminati (Fig. 2A) [secondo la metà del VII al VI millennio aC: Dillo Sabi Abyad (21), ha’ar Hogolan (9), al-Basatin (19)]. Ad esempio, a Tell Sabi

Abyad circa il 11% dei frammenti conteneva grassi animali, di cui il 13% erano prodotti di origine lattiero-caseari.

I ruminanti sono stati gestiti per numerosi prodotti, e l’uso di contenitori non ceramici per l’elaborazione del Latte (20) potrebbe spiegare la bassa frequenza apparente residui di latte in vasi di ceramica della regione.

In Anatolia l’analisi dei post craniale dal sito suggerisce che i bovini sono stati macellati dopo il

24mo (29), e sono state  gestite insieme al bestiame per il latte, condiviso tra i pastori e

la crescita dei  vitelli (32). Al contrario, una vasta campionatura di cocci (N = 537; 6 siti) intorno al Mar di Marmara ha rivelato che il latte è stato ampiamente utilizzato nella zona della seconda metà del settimo millennio aC (9), come più del 70% dei grassi animali estratti sono stati identificati come i grassi del latte (Fig. 2C).

Ciò coincide con un aumento delle mandrie di bovini nella regione (9), e vi è crescente evidenza del ruolo importante dei caprini come produttori di latte (31). Perché resti dentali di bestiame sono altamente frammentati, è difficile valutare se fossero i principali produttori di latte in questa regione (33).

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Grecia del Nord e del Mar Egeo Seaboard.

La Neolitizzazione della Grecia si è pensato possa esser  successa  via terra da nord-est dell’Anatolia fra Tracia e Balcani o  via mare dall’ Anatolia  costa Egea  o la costa levantina (34-37). residui lipidici caratterizzate da 421 cocci (116 frammenti di questo studio, 305 frammenti da rif. 9) da sei siti greci del nord del tardo medio Neolitico e risalente al sesto al quinto millennio aC hanno dimostrato che meno del 10% dei frammenti con grassi animali conteneva grassi del latte (Fig. 2D).

Tuttavia, il potenziale di trasformazione dei prodotti  suini, suggerito dalla vasta presenza di maiali rimasta nei siti, avrebbe potuto evitare l’individuazione di residui di latte in vaso, in quanto le miscele di suino e grassi lattiero-caseari hanno valori simili ai  grassi ruminanti adiposi.

Tuttavia, la bassa incidenza di grassi del latte in ceramica fa eco con i risultati dell’analisi faunistica, sia come caprini che bovini CA mostrano che la carne era l’obiettivo principale.

La carne come  primaria fonte di sfruttamento è coerente con la precedente ricerca faunistica, che ha dimostrato il suo ruolo importante nelle società del Neolitico Antico, gli insediamenti neolitici delle isole minori del Mar Egeo non era stata mai stabilita fino alla fine del Neolitico Medio greca (~5300AC), probabilmente a causa della necessità per le comunità di adattarsi alla natura inospitale delle isole (vale a dire, in termini povertà  di fornitura di acqua e la mancanza di copertura forestale).

Altre info su caprini rispetto ai siti di terraferma.

Causa l’adattabilità dei caprini ai paesaggi marginali. I siti delle isole del Mar Egeo (Kalythine Cave, Rodi, Ftelia, Mykonos) sono caratterizzata da una grande varietà di caprini delle classi di età giovani associato all’allevamento per attività casearia (Fig. 3C), che avrebbe fornito alle comunità neolitiche una fonte di proteine importante in un ambiente marginale.

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Per la  nostra conoscenza, l’ archeozoologia,   è l’unica fonte di  prova attualmente disponibile per  capire lo sfruttamento del latte in questa Regioni del Mediterraneo – Adriatico / Centrale (Slovenia, Malta, la Croazia, e Italia). La prima cultura stanziale è stata identificata nella  regione dell’Adriatico (Puglia)intorno al 6000  aC, introdotta  insieme con l’addomesticamento da  comunità Pioniere  marinare (42, 43).

Analisi archeozoologiche suggeriscono che entrambi,  i caprini e i bovini sono stati gestiti per il latte, con allevamenti intensivi specializzati (4, 17, 44, 45).L’ Età al momento della morte di caprini da carne suggeriscono che gli allevamenti  erano sfruttati in maniera mista; latte e carne. Il Bestiame era macellato durante l’infanzia e dopo l’allattamento, probabilmente associata con l’attività casearia (Fig. 3 A e B) (45). Le analisi effettuate su 189 frammenti neolitici raccolti da 14 agricoli della regione (tra cui 36  frammenti da Rif. 18) identificano residui di prodotti lattiero-caseari in quasi la metà dei frammenti contenenti grassi animali, indicando un’alta prevalenza per l’uso di prodotti lattiero-caseari (Fig.2E).

Entrambi i residui di lipidi e informazioni archeozoologiche ci forniscono prove dello sfruttamento dei prodotti caseari nella Francia meridionale e nella penisola iberica.

I primi insediamenti neolitici nel sud della Francia appaiono  durante la prima metà del VI millennio aC e sono associati con la cultura italiana, con la caratteristica  tradizione franco-iberica sviluppatasi  nella seconda metà del VI millennio aC (46).

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La Grotta e i siti all’aperto sembrano svolgere dei ruoli fondamentali  , con il predominio di animali caprini (17, 47).

Nei siti a cielo aperto, hanno predominio l’allevamento per la  carne come si  evince dai ritrovamenti di resti di animale di  tenera età Età  (1-4 y) (Fig. 3 C e D), mentre i siti rupestri sono strettamente associati con la produzione lattiero-casearia.

Un terzo dei frammenti analizzati da rifugi e grotte a sud della Francia e la Penisola Iberica (Grotte Gazel, Font Giovenale, e Can Sadurní) contenevano residui di grasso animale di cui 60% erano prodotti di origine lattiero-caseari (Fig. 2F), correlando i risultati dello studio archeozoologico. Ad oggi, nessun frammento proveniente da siti a cielo aperto di questa regione hanno dato residui di lipidi. Mentre i rifugi e le grotte forniscono elementi  naturali che sarebbe stato ideale come stazione di parto e caseifici, e avrebbero offerto rifugio per gli allevamenti che utilizzavano aree di pascoli alternativi, usati per le transumanze dei cicli stagionali (48).

Tuttavia, i siti a cielo aperto sarebbero  stati forse occupati permanentemente dalle femmine in allattamento, e sarebbero state mantenute  a quei siti tutto l’anno.

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Analisi statistica dei dati.

Le analisi statistiche sono state effettuate per valutare la correlazione tra la presenza / assenza di

prove della produzione di latte (basata su prove di mortalità della fauna e presenza di lipidi del  latte), e Köppen-Geiger (49), in base all’altitudine ed alla posizione del sito (costiero / interno).

 

Precedenti ricerche hanno dimostrato anche questa mancanza di correlazione tra prove faunistica preistorica e dati climatici moderni Intorno al 6200 aC, il bacino del Mediterraneo

Fu testimone di gravi fluttuazioni climatiche e quindi le moderne ricerche non possono adeguatamente definire climi preistorici.

 

La correlazione tra i risultati fra i siti caseari all’aperto  e l’allevamento di caprini in grotta, ottenuti stabilisce che la mobilità dalla pianura ai siti collinari in grotta, è stato un adattamento per

il terreno accidentato della Francia e della Penisola Iberica.

In contrasto, nei paesaggi aperti ben irrigati, come ad esempio l’Italia meridionale e la  Spagna nord-occidentale, appaiono più adatti per la specializzazione in allevamento di bovini da latte.

Di conseguenza, l’influenza dell’ambiente esterno non può essere respinta; tuttavia, migliori studi degli eventi climatici sono necessari per testare questi dati.

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Discussione

Le prime comunità PPN del Levante dell’ Anatolia gestisce caprini per i prodotti lattiero-caseari (3, 4) e recipienti di ceramica sono stati utilizzati per il processo del latte fin dall’inizio della produzione ceramica, come è evidente nella regione del Mar di Marmara . Tuttavia, in Europa, lo sfruttamento del latte varia da est a ovest lungo la costa nord mediterranea, come si vede nella quasi assenza di residui del latte in recipienti di ceramica dal nord della Grecia, in contrasto  in forte evidenza nel nord-occidentale del Mediterraneo.

 

Il primo non può essere spiegata solamente con l’uso potenziale di contenitori deperibili per la lavorazione del latte o la miscelazione con i grassi suini, perché i profili ATD hanno dimostrato che in queste comunità l’allevamento è stato iniziato per la produzione di carne.

 

Spostandoci verso ovest, i profili dei risultati di residui di lipidi dimostrano fortemente che
nelle prime comunità neolitiche gli animali erano allevati per entrambe le cose quindi anche per gestire attivamente le trasformazione del latte in recipienti di ceramica (Fig. 1).

Combinando le prove analizzate da lipidi e residui faunistici , quindi, è dimostrato in modo inequivocabile che la produzione e l’uso di prodotti lattiero-caseari era diffusa in tutta l’ampiezza del Mediterraneo settentrionale, tranne che in Grecia continentale fin dall’inizio dell’agricoltura.

Il latte e prodotti del latte potrebbero essere stati un punto fermo importante nelle prime comunità agricole, e uno dei fattori chiave nella diffusione e forse l’adozione di domesticazione degli animali.

E ‘stato evidenziato che i fattori ambientali svolgono un ruolo importante più che il contesto culturale nelle differenze osservate nei primi tempi del Neolitico,.

Infatti la scelta degli animali da latte sarebbe stato fortemente influenzata dall’ambiente esterno come è fondamentale la crescita e la stabilità di allevamenti da latte. Tuttavia, dalla nostra analisi, suggeriamo anche che il contesto culturale potrebbe eventualmente aver influenzato anche se in modo minore  la produzione di latte, come si è visto nella differenza tra comunità greche del Nord e la più ampia fascia costiera mediterranea.

 

Questa teoria dovrebbe essere testato inoltre utilizzando modelli geografici ed ecologici ben definite che riflettono ambienti preistorici. Questi dati devono anche essere incorporati in modelli di produzione di latte per generare nuova approcci per esaminare l’evoluzione di branchi di animali domestici attraverso diverse zone e all’interno di gruppi culturali.

Le differenze osservate nella frequenza dei prodotti lattiero-caseari contro lo  sfruttamento della carne tra i gruppi contemporanei in Europa durante VII al V millennio aC è intrigante, e può essere il risultato di diverse tradizioni culturali, ambienti o capacità di produrre latte da parte dei ruminanti.

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Materiali e metodi Analisi dei residui organici.

In  questo studio, su un totale di 567 cocci sono stati campionati da 21 siti neolitici e Calcolitico in tutta l’area del Mediterraneo (Fig. 1 e Tabella S1). analisi dei lipidi e le interpretazioni sono state eseguite utilizzando protocolli descritti in dettaglio in pubblicazioni precedenti (52, 53). Brevemente: alcuni campioni sono stati ottenuti dopo una pulizia delle superfici dei vasi con una tecnica con  trapano per rimuovere eventuali lipidi esogeni, ed i frammenti in polvere sono stati estratti mediante solventi e da ultrasuoni. Aliquote dell’estratto lipidico totale sono stati trimetilsililato utilizzando N, O-bis (trimetilsilil) trifluoroacetammide (BSTFA) e presentato per l’analisi GC e GC-MS. Ulteriori aliquote dell’estratto totale di lipidi sono stati idrolizzati e metilato per ottenere metilici degli acidi grassi, che sono stati poi analizzati mediante GC e GC-C-IRMS. Strumento di precisione è ± 0.3 ‰.
La raccolta e la lavorazione.

I dati sono stati raccolti dalle mandibole dei ruminanti e denti, isolati in siti ben datati, dove le strategie di campionamento. biplot CA sono stati usati per chiarire le tendenze del dati e generare ipotesi riguardanti le pratiche di macellazione (3). Questo è stata eseguita su bovini e caprini ATD. raccolta e pubblicazione che comprende 50 siti provenienti dalle regioni di studio databili tra il VII e il quinto millennio aC (fig. 3 e Tabella S2). Il programma di CA ad accesso aperto come descritto in Nenadi c e Greenacre (54) per il programma R (v2.15.2) è stato utilizzato per elaborare la tesi che rappresenta un singolo sito.. La posizione dei singoli siti relativi alle età di macellazione, indica che la macellazione e la strategia dominante.

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Analisi statistica.

Una lista di analisi statistiche (ANOVA, χ2 , Kruskal-Wallis) sono state effettuate su un insieme di dati comprendente la presenza / assenza di evidenza per il latte, che comprende Köppen-Geiger il tipo di clima (49), tipo di sito, altitudine, regione e appartenenza culturale (Tabella S3). Queste sono state effettuate utilizzando il programma di R (v2.15.2).

Giancarlo Sociali

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