Si lasciava la falce ed il falcetto, per imbracciare asce, segoni, martelli e scalpelli.

Si lasciava il grano e la piana rovente del fucino, e si saliva sulle alte vette del monte Sirente.

Era un mestiere provvisorio, come diremmo oggi, part time o a tempo brevissimo determinato. Era il mestiere dei cavatori di ghiaccio di Celano, per la maggior parte ragazzi.

I ragazzi, partivano in piena notte con muli ed asini. Alle quattro del mattino si trovavano proprio sotto le neviere ed i ghiacciai del Sirente. Un gruppo si fermava prima nei crepacci e nelle zone all’ombra rimaste ancora ghiacciate . Alcuni nel “Jaccio della fonte del Favo”,  altri sopra “la Paura”, ed altri raggiungevano proprio la neviera della vetta.

Alle prime luci già  avevano  segnato  i primi blocchi da tagliare nei posti piu’ comodi.

Una volta praticato i numerosi fori di alcuni centimetri, e fatti dei tagli con l’ascia, si spaccava il ghiaccio, cercando di far uscire un blocco non molto grande, ma abbastanza consistente (circa 50 chili) per issarlo sopra il dorso dell’asino o del mulo che portavano  fino a 4 blocchi (2 quintali).

Si procedeva anche con un segone da falegname per squadrarlo. Preso tutto il ghiaccio necessario, si rivestiva con polvere di trebbiatura e paglia, si avvolgeva nei sacchi, si caricava sopra  gli animali e si procedeva per il ritorno in paese.

Una volta giunti in paese, si vendeva ai bar, alle cantine, agli ospedali,  e nelle case di qualche ricco signore. Tutto questo specialmente per la festa dei Santi Martiri ad Agosto (le prime granite).

Un anziano mi raccontava che, siccome quelli di Celano erano tanti, facevano una specie di società per comprare insieme degli asini alla fiera di San Giuseppe a Pescina. Questi asini,  venivano usati tutta l’estate, per poi rivenderli  appena finiva il lavoro di trasportatori di ghiaccio.

Addirittura ci sono testimonianze ancora viventi, che ricordano come nel caso di alcuni incidenti gravissimi, subito siano partite delle squadre di ragazzi a prendere il ghiaccio al Sirente, utilizzato da antinfiammatorio e per  alleviare il dolore.

Altri viaggi invece, venivano fatti per il Lazio e la Puglia sempre a dorso di mulo. Centinaia di chilometri, con il ghiaccio che sgocciolava, ma alla fine del viaggio, ne rimaneva  il 50%.

Nella Montagna Grande si Celano (Sirente), completamente esposta al sole di mezzogiorno, erano poche le zone dove il ghiaccio resisteva tutto l’anno. Infatti, alcuni cavatori che facevano questo, come mestiere principale, si dovevano rivolgere al comune di Secinaro che aveva, vista la richiesta, creato un apposito capitolo di bilancio, per vendere il ghiaccio ai commercianti ed ai cavatori di altri paesi, visto che la neviera del Sirente di Secinaro, esposta a nord, durava tutto l’anno.

In tempi ancora più antichi, nell’ epoca dei Conti, questo mestiere veniva svolto molto spesso,  in quanto la nobiltà non badava a spese e soprattutto aveva sudditi  a costo zero, e usava tutto l’anno le neviere dentro le abitazioni castellane, alimentate appunto dal ghiaccio tagliato nel Sirente.

 Un esempio per tutti, la ghiacciaia/neviera di Goriano Sicoli, lungo l’antico Regio Tratturo Celano Foggia, ancora visibile nella sua antica struttura. La costruzione, con malta e pietre, e con le sue bocche di areazione sotterranee, ospitava il ghiaccio di enormi carovane di muli, che lì lo depositavano, per poi successivamente ricaricarlo e trasportarlo attraverso l’antico Tratturo, nelle Regioni dell’Italia Meridionale, addirittura fino a Bari, e da lì, alcuni blocchi raggiungevano via mare anche terre non italiane.

In ricordo di mio padre, anche egli spesso un cavatore di ghiaccio.

Giancarlo Sociali