Una meraviglia artistica è la chiesa di Santa Maria delle Grazie e della sua luminosa facciata in maiolica a Collarmele.
Il santuario di Santa Maria delle Grazie, poco fuori dal centro abitato di Collarmele, lungo l’antico percorso del Regio Tratturo Celano – Foggia. La facciata cinquecentesca della chiesa, nella metà superiore, è infatti completamente rivestita da mattonelle di lucida maiolica.
Questa caratteristica, che ne impreziosisce non poco l’aspetto, è particolarmente interessante da un punto di vista storico ed artistico perché è testimone dell’importanza della produzione ceramica in Abruzzo durante il Rinascimento. Le formelle di Collarmele, create probabilmente da maestri artigiani di origine senese ed amalfitana, sono circa quattromila ed hanno varie forme: quadrate, rettangolari e triangolari. I motivi raffigurati sono molto vari, anche se prevalgono gli elementi floreali e vegetali come la rosa, il giglio e vari tipi di ramoscelli.
Non mancano però gli animali quali l’orso e l’aquila. Nell’aquila e nel giglio si leggono gli emblemi della casata degli Aragona. La colonna e la sirena con la doppia coda fanno invece parte dello stemma dei Colonna di Avezzano, i quali furono tra i committenti dell’opera, insieme alla gente del paese di Collarmele.
In particolare, le iniziali MC dovrebbero riferirsi al generale della flotta pontificia Marcantonio Colonna, che fu tra i comandanti impegnati nella battaglia di Lepanto del 1571, che vide la flotta cristiana vittoriosa contro i Turchi.
L’orso e la rosa sono infine simboli della famiglia Orsini, e va ricordato il loro legame con i Colonna, in quanto Marcantonio Colonna aveva preso in moglie Maria Felice Orsini.
Un altro simbolo interessante è costituito dalla mezzaluna, emblema dei Piccolomini: il riferimento storico più preciso è infatti dato da Donna Silvia Piccolomini, moglie di quell’Innigo Piccolomini duca di Amalfi, che fu conte di Celano e feudatario della baronia di Pescina, che comprendeva anche il territorio di Collarmele.
Uno dei maggiori storici dell’arte abruzzesi, Ignazio Gavini, scoprì come la chiesa fosse in origine un semplice tabernacolo, con un’immagine della Madonna, per la devozione dei viandanti e dei pastori che attraversavano il passo di Forca Caruso.
Venne ampliata una prima volta nel Cinquecento e poi ancora nel Settecento, fino a raggiungere la forma attuale con un interno a navata unica coperta da un tetto di travi in legno.
Sull’altare maggiore c’è un bel dipinto della Madonna delle Grazie, datato 1570, e sulle due piccole porte laterali che conducono alla sagrestia ci sono lo stemma dei Piccolomini, con la data 1561, e quello della comunità cittadina, con la scritta COLLIS ARMELIS.
Interessanti, oltre all’originale pavimento in cotto, alcuni affreschi del Cinquecento, come una Flagellazione e una Crocifissione che si vedono ai lati dell’altare, una Madonna del Rosario e varie figure di santi tra cui San Nicola di Bari, Sant’Antonio da Padova, San Sebastiano e San Rocco. Sulla parete sinistra è stato rimontato l’altare maggiore della chiesa madre di Santa Felicita, scampato al terremoto del 1915; accanto c’è l’altare in legno dedicato a San Michele Arcangelo.
Giancarlo Sociali