Tommaso nato a Celano della Marsica (prov. de l’Aquila) (1190 c. – 1260).
Tommaso da Celano un nobile, un erudita, un sacerdote, un frate francescano accolto dallo stesso san Francesco nell’Ordine minoritico nell’anno 1215 circa, missionario in Germania dal 1221, custode e poi vicario di quella provincia religiosa dal 1223, è anzitutto noto come il padre dell’agiografia francescana. Infatti fu lui l’autore della prima biografia del santo d’Assisi – Vita beati Francisci – voluta dal papa Gregorio IX e dal vicario generale d’allora, frate Elia, che vide la luce e l’approvazione ufficiale all’inizio nel 1229. E poi successivamente della Vita beati patris nostri Francisci, risalente a poco prima del 1239 (fu voluta dal generale dell’Ordine frate Elia), ed è stata recentemente scoperta nel 2015 da Jacques Dalarun e presentata al mondo francescano ed accademico.
La sua avventura con le biografie di san Francesco continua nel 1244 quando ricevette l’ordine di comporne una nuova, e dunque, usufruendo del materiale delle memorie scritte dai compagni dell’Assisiate e dagli altri frati, nel 1247 approntò il Memoriale, di cui abbiamo la fortuna d’avere l’edizione critica dal 2011, grazie al prezioso lavoro di monsignor Felice Accrocca e p. Aleksander Horowski (OFMCap). Come parte indispensabile ed integrante di ogni leggenda agiografica medievale, Tommaso qualche anno più tardi aggiunse al Memoriale il Trattato dei miracoli del Santo, che concluse all’incirca del 1253.
Più tardi, dopo la canonizzazione di santa Chiara – celebrata da papa Alessandro IV nel 1255 ad Anagni – compose la sua biografia: Legenda sanctae Clarae virginis. La paternità di quello scritto è stata a lungo discussa, ma dalle ricerche e dallo studio di p. Marco Guida (OFM), pubblicato nel 2010, risulta certo che ne fu autore proprio Tommaso da Celano. Ritirandosi, attorno al 1256, dopo quest’ultima fatica agiografica, morì nel monastero delle clarisse a Val dei Varri nel 1260 circa, dove rimase sepolto fino al 1517. In quell’anno la salma fu trasportata nella chiesa dei Frati Minori Conventuali a Tagliacozzo, dove da allora riposano le sue spoglie. Lì gode del culto locale ed è invocato da secoli come “beato”, anche se manca ancora l’approvazione ufficiale da parte della Santa Sede.
Cerchiamo di approfondire un po’ :
Una notizia autobiografica avverte che fu ricevuto nell’Ordine dal fondatore reduce dalla Spagna alla Porziuncola, e perciò verso il 1214-1215, tra quidam litterati viri et quidam nobiles (Vita I S. Francisci, n.57), essendo già, forse, sacerdote o almeno clericus.
Si sa dalla Cronaca di Giordano da Giano che nel Capitolo del 1221 si offrì volontario per la difficile missione in Germania guidata dal ministro provinciale Cesario da Spira, e che là fu nel 1222 Custode dei conventi di Magonza, Worms e Colonia e l’anno dopo vicario di Cesario disceso in Italia. E’ assai verosimile che fosse presente al transito del Serafico Padre (3 ottobre 1226) ed alla canonizzazione (16 lugl. 1228); di sicuro nel 1230 in Assisi donò a fra’ Giordano alcune piccole reliquie del santo.
Sembra di poterlo identificare con “uno dei compagni” dissuaso in visione da s. Francesco dal darsi alla predicazione (Vita II, n. 195); pare inoltre che abbia concorso alla fondazione dei conventi di Celano (1256) e di Tagliacozzo (1223 o 1259) ed alla erezione o passaggio alla Regola clariana del monastero di S. Maria in S. Giovanni Val dei Varri (1230-1250 ca.). Ivi nell’ufficio di Cappellano delle Clarisse chiuse i suoi giorni nel silenzio.
Con la morte di Francesco, la fedeltà alla regola venne totalmente accantonata. Cominciò ad evidenziarsi da parte di una grossa e potente parte del clero e dei frati, la necessità di far pensare al santo in modo diverso, e cioè di venerarlo e non di imitarlo perché era inimitabile.
Tali espedienti vennero all’inizio contrastati dai “rigoristi” che volevano un’applicazione totale delle volontà di Francesco, ma erano accolti dai “moderati” che ritenevano addirittura che non era incompatibile il possesso di beni da parte dell’Ordine. Questa contrapposizione durò per secoli, alcuni francescani pagarono con la vita e la prigione la difesa delle proprie idee.
Dopo la morte di Francesco nel 1226, Gregorio IX con un processo rapido canonizzò il Santo, ed incarico il Nostro Tommaso di creare un biografia del Santo in modo da tramandare le virtù ed i miracoli alle generazioni successive. Tommaso doveva mediare fra le contrastanti testimonianze dei “fratelli”, e dovette creare un’opera contraddistinta in tre parti, sicuramente create in due fasi distinte fra loro.
Nel creare l’opera ,Tommaso afferma che racconterà cose che ha ascoltato lui stesso dalla sua viva voce e dai racconti dei frati a lui più vicini. e si riprometteva di esaltare soprattutto le regole impartite dal Santo ed il suo stile di vita, ed avrebbe avuto, poco o meglio, scarso interesse per i miracoli. Nell’episodio delle stimmate, “episodio spinoso”, cerca di difendere Francesco ed i frati dell’ordine dalla crisi del progetto originario e dallo snaturamento dello stesso, nato per essere abbracciato da pochi compagni, laici per la maggior parte come lo stesso Francesco. Tali problemi erano legati alla gestione delle migliaia di uomini che abbracciano l’ordine. La chiesa separata dal gregge si irrigidisce di fronte a questo travolgente evento e comincia a buttare le basi per il controllo del nuovo movimento cercando di clericalizzarlo, reintroducendo tutto all’antica forma religiosa.
Il desiderio di Francesco era quello di ritornare ad una vita ascetica ed evangelica originale, progettando di riportare il suo corpo ormai verso la fine della vita alla primitiva “obbedienza”. Lo stesso proponeva ai fratelli, “vedeva molti avidi di onori e cariche e detestandone la folle corsa, cercava di ritirarli da questa peste con l’esempio della sua vita”. Francesco “tramite” Tommaso, provava una grande amarezza nel vedere che molti avevano abbandonato l’originale via per abbracciare nuove stranezze, e per questo implorava la divina clemenza affinchè liberasse i suoi figliuoli e li conservasse fedeli alla loro vocazione.
Tommaso dopo la morte del Santo Francesco, vedendo il suo esempio sconfortato ed avvilito, invoca con due preghiere la venuta dello stesso (Francesco):
-“O BANDITORE ILLUSTREE NOSTRO CUSTODE,NON DEPORRE CON LA TUA CARNE MORTALE COME LA NOSTRA, LA CURA DEI TUOI FIGLI! TU SAI BENE, LO SAI, IN QUALE PERICOLI LI HAI LASCIATI, TU CHE NELLE INNUMEREVOLI FATICHEE NELLE FREQUENTI PROVE CON LA TUA BENEVOLA PRESENZA IN OGNI MOMENTO ERI L’UNICO A CONFORTALLI ED ANIMARLI” (I Cel. ParsII, cap. 8, par. 3 AF X p. 86.)…
– “ RICORDATI, O MISERICORDIOSO, DEI TUOI POVERI FIGLI, AI QUASI NON RESTA QUASI PIU’ ALCUN CONFORTO, ORA CHE SEI SCOMPARSO TU, CHE ERI IL LORO UNICO E SPECIALE SOSTEGNO: … ESSI SONO ANCORA NEL FANGO, CHIUSI IN UN CARCERE OSCURO” I Cel., pars. II, cap. 10, par. II8, AF X, p. 93.
— Nella narrazione degli ultimi due anni di Francesco, Tommaso con la consapevolezza dell’enorme crisi che attraversa l’Ordine, propone tre diversi modi per avvicinarsi al loro esempio ormai deceduto. E capendo il periodo storico, non si rivolge più solo ai frati. ma anche ai fedeli; cercando di direzionare lo sguardo degli stessi alla vita del Santo e non a storie che potrebbero rasentare la leggenda e dice: – ” ABBIAMO SCRITTO POCO DEI MIRACOLI DEL BEATO PADRE NOSTRO FRANCESCO, E NE ABBIAMO OMESSO LA MAGGIOR PARTE. LASCIANDO AD ALTRI CHE VORRANNO ANDARE IN CERCA DELLE TRACCE LA GRAZIA DI NUOVE BENEDIZIONI”.
— Nel raggruppamento dei miracoli, all’interno della VITA PRIMA, Tommaso ha cercato di far capire al lettore che la Santità di Francesco va cercata altrove, nel suo modello di vita, e non nei prodigi e nelle guarigioni insperate. Cfr.nota 64.. Ed il Papa e i Cardinali successivamente affermano nella canonizzazione : “LA VITA SANTISSIMA DI QUESTO SANTISSIMO UOMO, NON HA BISOGNO DELLA VERIFICA DEI MIRACOLI, NOI STESSI L’ABBIAMO VISTA CON I NOSTRI OCCHI, TOCCATA CON LE NOSTRE MANI E VAGLIATA TENENDO LA VERITA’ PER MAESTRA” <non indiget – inquiunt – miracolorum attestazione sanctissimi vita sanctissima, quam oculis nostra vidimus, manibus contrectavimus, magistra veritate probavimus> I Cel., parsIII, par. 124, AF X, p.99.
Infatti, dopo la messa da parte del testamento di Francesco, nel 1230 con la deposizione di Frate Elia che fu il divulgatore del miracolo “INAUDITO” delle stimmate, ed il promotore della costruzione della basilica di Assisi,si attraversa un periodo nebuloso, fino alla cancellazione dell’Elia, figura divenuta “imbarazzante” per l’Ordine tramite la seconda biografia del Santo. Nel 1244 TOMMASO ricevette un nuovo incarico di scrivere una nuova biografia di Francesco che porto a termine in tre anni.
Il Nostro Tommaso incominciò ad essere estromesso, per non dire perseguitato da una parte dei Frati e del Clero. Infatti le sue opere, “LE PRIME”, che parlavano di Francesco, furono distrutte ad opera di Bonaventura, con il Capitolo di Parigi del 1266 :
Item precipit generale capitulum per obedientiam quod omnes legende
de beato Francisco, olim facte, deleantur et, ubi inveniri poterunt extra
ordinem, ipsas fratres studeant amovere, cum illa legenda, que facta est
per generalem, sit compilata prout ipse habuit ab ore illorum qui cum beato
Francisco quasi semper fuerunt et cuncta certitudinaliter sciverunt, et
probata ibi sint posita diligenter.
E ancora ordina il capitolo generale per obbedienza che tutte le legendae
sul beato Francesco composte nel tempo passato si cancellino e che, dove
potranno essere trovate fuori dall’ordo, i frati si applichino a rimuoverle,
dal momento che la legenda composta dal generale è redatta come
lui stesso ebbe dalla bocca di coloro che furono quasi sempre con il
beato Francesco e seppero in modo certo tutti i fatti, e quelli provati vi
siano esposti fedelmente
Di fatti, sotto la sua guida di Bonaventura di Bagnoreggio “poi santo” furono pubblicate le Costituzioni narbonesi, su cui si basarono tutte le successive costituzioni dell’Ordine. Il suo obiettivo principale fu quello di conservare l’unità dei Frati Minori, prendendo posizione sia contro la corrente spirituale (influenzata dalle idee di Gioacchino da Fiore e incline ad accentuare la povertà del francescanesimo primitivo. Favorevole a coinvolgere l’Ordine francescano nel ministero pastorale e nella struttura organizzativa della Chiesa, nel Capitolo generale di Narbona del 1260 contribuì a definire le regole che dovevano guidare la vita dei suoi membri: le Costituzioni, dette appunto Narbonensi. A lui, in questo Capitolo, venne affidato l’incarico di redigere una nuova biografia di san Francesco d’Assisi che, intitolata Legenda Maior, diventerà la biografia ufficiale nell’ordine, facendo distruggere le opere di Tommaso.
Infatti il Capitolo generale successivo, del 1263 (Pisa), approvò l’operà composta dal Ministro generale; mentre il Capitolo del 1266, riunito a Parigi, giunse a decretare la distruzione di tutte le biografie precedenti alla Legenda Maior, per proporre all’Ordine una immagine univoca del proprio fondatore, in un momento in cui le diverse interpretazioni fomentavano contrapposizioni e conducevano verso la divisione. )
eseguita, con zelo degno di miglior causa, dai francescani, anche col mezzo di saccheggiare le biblioteche altrui. Fu un’operazione condotta con estrema meticolosità e cura: UNO DEI PIU GRANDI “ROGHI” MEDIEVALI, che coinvolse centinaia e centinaia di manoscritti, se si pensa che ogni convento francescano – al tempo della prima biografia di Tommaso da Celano erano circa mille e cinquecento possedeva almeno una Vita del fondatore, che una Legenda compendiata era inserita nel breviario di ogni frate e che in forma ridotta la biografia di Francesco faceva parte dell’arredo liturgico delle chiese non solo minoritiche, per essere cantata nell’ottavario della festa, o almeno nel natalizio. Gregorio IX aveva infatti stabilito che l’anniversario del santo fosse celebrato anche negli altri istituti di perfezione: per fare un esempio, quando Bonaventura diffuse l’ordine di distruzione, i cenobi cistercensi erano circa seicentocinquanta. La Vita prima fu recuperata soltanto nel 1786; l’edizione critica si basò su pochi manoscritti, una decina in tutto, alcuni incompleti, otto dei quali ritrovati in monasteri cistercensi sfuggiti, perché lontani, alla caccia francescana. Della Legenda ad usum chori attribuita a Tommaso da Celano `e stato ritrovato nel 1934 un unico codice che la riporta integralmente, anche se mancante del prologo; la Vita secunda scoperta nel 1806 `e anch’essa conservata soltanto da una decina di codici mentre il Tractatus de Miraculis, recuperato nel 1899, per il quale fu fatale la prossimità nel tempo alla Legenda maior, `e rappresentato addirittura da un unico manoscritto: una obliterazione eccezionale, unica nel Medioevo di tale portata.
— Secondo Filippo Sedda (uno dei più affermati studiosi del Francescanesimo) – il verbo amovere si riferisce al solo caso in cui le legende si trovino fuori dall’ordo, termine che è sempre stato inteso come ‘Ordine’ in senso istituzionale, facendo intendere dunque che i frati debbano preoccuparsi di andare alla caccia di legende tra gli altri Ordini religiosi. Tuttavia, il termine ordo può indicare anche l’ordo liturgico e dunque materialmente il codice che contiene la legenda, che se contenuta fuori, ossia in un quaterno aggiunto, sia rimosso e sostituito con la nuova legenda bonaventuriana.
—Si può dunque dire che a Parigi, nel 1266, non si assiste ad una damnatio memoriae delle vite di san Francesco compilate da Tommaso, ma alla proposta di una legenda nova, a cui d’ora in avanti l’Ordine avrebbe fatto riferimento. Questa ipotesi ermeneutica dimostra come l’Ordine a Parigi non si pronuncia contro una vita approvata dallo stesso Gregorio IX, pur non spiegando l’esiguità della tradizione manoscritta delle opere di Tommaso. Non si dimentichi, tuttavia, che la tradizione testuale della celaniana Vita beati Francisci viaggia come un fiume carsico attraverso la liturgia, soprattutto fuori dall’Ordine, basti citare, oltre al cosiddetto breviario-messale di santa Chiara, il ms. Siena, Biblioteca Comunale degli Intronati F.VIII.1, il ms. Napoli, Biblioteca Nazionale Vittorio Emmanuele III, V.H.5816, e ben altri 23 manoscritti liturgici non minoritici, segnalati da Théophile Desbonnets17.
Dal canto suo Angelo Clareno proprio all’inizio del Liber chronicarum riprende lo stesso quartetto simbolico, ma sostituendo il nome di Giuliano con quello di frate Leone: Vitam pauperis et humilis viri Dei Francisci, trium ordinum fundatoris, quatuor solemnes personae scripserunt, fratres videlicet scientia et sanctitate praeclari, Iohannes et Thomas de Celano, frater Bonaventura, octavus post beatum Franciscum generalis minister, et vir mirae semplicitatis et sanctitatis fratre Leo, eiusdem sancti Francisci socius. Has quatuor descriptiones seu historias qui legerit et perspexerit diligenter, ex iis quae in eis narrantur, ipsius seraphici viri vocationem, conversationem, sanctitatem, innocentiam, vitam et intentionem eius primam et ultimam poterit ex parte cognoscere.
La continuazione di questo tentativo di far sparire Tommaso e le sue Opere dalla faccia della terra si concretizza (per fortuna opera non riuscita), con l’isolamento e l’espulsione del Nostro Tommaso dalla vita della Congregazione Francescana nel 1260. Espulsione avvenuta con la “pillola” dell’elezione di Tommaso a cappellano delle clarisse di Val de Varri, dove con un assordante silenzio mori nel 1260 circa.
— È dunque normale, che spesso non si è parlato di Tommaso da Celano causa la sparizione di tutti i suoi lavori, addirittura, la Franceschina di Giacomo Oddi da Perugia, compilata tra il 1474 e il 1476, si occupò in modo esplicito del biografo marsicano in una sola occasione e solo all’interno di una più generale presentazione dell’operato di Crescenzio da Iesi e del capitolo generale, che aveva ordinato la seconda agiografi a di san Francesco ad uso dell’Ordine minoritico. Il frate, riferendo sulla raccolta di notizie scritte riguardo la vita, i segni e i miracoli di san Francesco, afferma: Le quale tutte cose raccolte, comandò el ditto generale ad frate Thomasso da Ceperano che ne componesse una leggenda, la quale se chiama la Legenda Antiqua, et fo derizata al capitolo generale, al generale et a li deffi nitori. El prolago de essa comenza: Sante universitati vestre etc.
— Anche Nicola Glassberger († 1508), originario della Moravia, vive nel convento di Norimberga, dove, alla previgilia di Natale del 1491, fi – nisce di scrivere la sua Chronica. Anche se il cronista risulta informato su alcuni dati biografi ci riguardanti l’esperienza tedesca di Tommaso, mostra una certa confusione cronologica e non risulta che conosca la Vita beati Francisci di Tommaso da Celano.
Così infatti scrive: Et postmodum ex mandato eiusdem Generalis Ministri et generalis capituli compilavit frater Thomas de Celano primum tractatum Legendae sancti Francisci, de vita scilicet et verbis et intentione eius circa ea quae ad regulam pertinent; quae dicitur Legenda antiqua, quam dicto Generali et capitulo destinavit cum prologo, qui incipit: Placuit sanctaeuniversitati vestrae etc. Quam Legendam postea frater Bernardus de Bessa ad compendiosiorem formam reduxit, et incipit: Plenam virtutibus etc. et demum sanctus Bonaventura breviori et elegantiori stilo compegit.
— Da questa tradizione si discosta suor Battista Alfani († 1523), clarissa osservante istruita e copista del monastero di Monteluce a Perugia, che scrive di suo pugno nel I Prologo della sua Vita et Leggenda della seraphica Vergine Sancta Chiara:
[papa Alessandro IV] comandò al sancto frate Thoma da Celano, già compagnio et discepolo di sancto Francesco, el quale ancora per·comandamento di·papa Gregorio 9 haveva scripta la prima leggenda di epso beato patre Francesco, che ancora scrivessi questa della preclara memoria vergine Clara. El quale come vero figliuolo della obbedientia descrisse con elegante et ordinato stile la leggenda di epsa beata Clara non inserendo però ogni cosa che nella leggienda o vero processo di messere Bartolomeo veschovo di Spoleto si contenea. Onde ad consolatione delle dilecte et devotissime figliuole di questa nostra gloriosa matre beata Clara descriveremo in questa vulgare la vita di epsa beata scripta per el sopradecto frate Thoma, con alcune altre cose degnie di memoria, cavate dalle cronache dell’ordine, inserendo ancora quelle relicte del veschovo di Spoleto cioè del suo processo.
L’erudizione e le competenze scrittorie di questo gruppo di clarisse osservanti, come è già stato adeguatamente messo in luce, in questo contesto forniscono due dati importanti riguardo a Tommaso da Celano. Il primo è che questo passaggio è l’attestazione più antica dell’attribuzione della Legenda sanctae Clarae all’agiografo marsicano, leggenda che nella tradizione è stata attribuita anche a Bonaventura da Bagnoregio. Ma questo brano di suor Battista Alfani fornisce pure una seconda informazione: la consapevole conoscenza che Tommaso avesse scritto una prima legenda, la Vita beati Francisci, commissionata da Gregorio IX.
— Questa consapevolezza viaggia attraverso i cronisti del Cinquecento.
Infatti, per Mariano da Firenze da un iniziale silenzio emerge un’inaspettata consapevolezza. Da una parte, nel Compendium Chronicarum, una versione abbreviata dei Fasciculi Chronicarummai giunti fino a noi, non si fa menzione alcuna di Tommaso da Celano, dando quindi l’impressione che anche il frate fiorentino fosse all’oscuro del contributo del primo biografo. Dall’altra, nel suo Libro delle degnità et excellentie del Ordine della seraphica madre
Mariano scrive:
Adducerò l’auctorità del sancto discepolo di sancto Francesco frate Tomaso da Celano, el quale per autorità di Alexandro scripse la sua legenda, el quale in laude di questo ordine descrivendo la sua perfectione dice così:
–Mariano da Firenze secondo l’ipotesi di Giuseppe Abate, avrebbe potuto consultare il manoscritto dei Fasciculi Chronicarum, nello stesso anno 1837, presso l’Archivio Segreto Vaticano.
La definizione di Mariano, tratta dal IV tomo del Fasciculus, sarebbe la seguente: Fr. Thomas de Celano socius B. Francici Legendam maiorem et Minorem edidit; quarum alteram, videlicet Minorem, scripsit auctoritate D.ni Gregorii Noni, et ab eo fuit approbata, quae usque ad editionem Legendae S. Bonaventurae in choro legebatur, quam in praesenti libro Legendam D.ni Gregorii nominavi. Altera vero, quae Maior dicitur, ex praecepto Capituli composita, Legenda Antiqua appellatur
— A Pietro Ridolfi da Tossignano († 1601), frate minore conventuale, nella sua Historiarum Seraphicae religionis libri tres, stampato a Venezia nel 1586, si deve una nuova attribuzione a Tommaso delle sequenze dedicate a san Francesco Fregit victor virtualis e Sanctitatis nova signa, notizia ripresa poi da Luca Wadding, ma che non ha attestazione in fonti più antiche: Thomas de Cellano provinciae Pennensis edidit duas sequentias, quarum principia sunt unius, Fregit victor virtualis: alterius vero, Sanctitatis nova signa. Hic etiam conscripsit librum de vita et miraculis B. Francisci, quem approbavit Gregorius IX Pont. quem etiam imitatus est Iohannes de Ceperano Notarius Apostolicus.
Abbiamo visto che nel Cinquecento vi è dunque un graduale recupero della memoria della prima composizione di Tommaso, la Vita beati Francisci,nota come Legenda Gregorii. Inoltre si attribuisce a Tommaso la paternità di due sequenze dedicate a san Francesco, probabilmente sulla scia della più antica attribuzione della più famosa sequenza – Dies irae dies illa.
Nel 1625, Luca Wadding dava alle stampe il primo volume degli Annales Minorum.
Nell’anno 1228, si riferisce a lui come all’autore di una Legenda Gregorii e di una Legenda antiqua; Nell’anno 1230, Tommaso è collocato all’inizio di un elenco di
biografi di Francesco, come primo autore di una leggenda francescana, e al quinto posto, per avere scritto – sotto Crescenzio da Iesi – un’altra storia più ampia della precedente cui, solo in un terzo momento, sarebbe stata posta un’aggiunta per ordine di Giovanni da Parma;
Nell’anno 1244, Wadding cita nuovamente la Legenda Gregorii, che afferma essere cantata in coro come potrebbe già aver fatto Mariano, e la Legenda Antiqua, il Memoriale appunto, definendo Tommaso come socio di Francesco ed «eius sanctitatis expertus».
— I Padri Bollandisti ebbero anzitutto il merito di recuperare il testo della prima vita composta dal celanese, editandola a stampa per la prima volta; ma anche quello di metterla in risalto rispetto, ad esempio, alla Leggenda dei tre compagni, che nel dossier agiografi co francescano fu posta come una sorta di supplementum alla vita di Tommaso.
— Nella medesima direzione di restituzione delle agiografi e di Tommaso va lo sforzo fatto da alcuni frati Conventuali tra il XVIII e gli inizi del XIX secolo.
— Ancora, nel 1822, p. Niccolò Papini Tartagni, già ministro generale dell’Ordine tra il 1803 e il 1809, opera uno specifico recupero biografico del Celanese, pubblicando in appendice – come già detto sopra – la Legenda ad usum chori secondo il ms. 338 del Sacro Convento e attribuendola a Tommaso da Celano.
La vera rivoluzione copernicana è operata da Sabatier è rappresentata dalla sezione “Étude critique des sources” della sua Vie de saint François, editata per la prima volta a Parigi nel 1894;
— Sabatier ha il merito di far nascere una vera e propria “Questione francescana”, di cui fu critico mediatore a livello erudito, ma anche appassionato divulgatore tra semplici estimatori. Nella sua biografi a su san Francesco riesce a combinare «la pazienza del ricercatore e lo slancio del poeta»88. Per quanto attiene più nello specifico alla figura di Tommaso da Celano, Sabatier ritiene che il frate agiografo sia un ingenuo e docile esecutore della volontà del pontefice e di frate Elia in contrapposizione con la visione dei compagni del Santo;
In pratica Sabatier rovescia la visione Suysken, introducendo una netta contrapposizione tra gli scritti di Leone e quelli di Tommaso, che nel bene e nel male influirà sulla storiografi a di tutto il XX secolo.
— Michele Faloci Pulignani, prete e storico della diocesi di Foligno prende posizione contro chi voleva “protestantizzare” Francesco, accusando Sabatier, con toni alquanto polemici, di aver scritto la biografi a di “un san Francesco luterano”, frutto di una totale adesione al modernismo.
— Michael Bihl, frate minore,fu il maggiore fautore dell’edizione del X volume degli Analecta Franciscana, dedicato alle Legendae sancti Francisci Assisiensis saeculis XIII et XIV conscriptae. Fù strenuo difensore dell’attendibilità e bontà delle fonti celaniane; basti, ad esempio, citare l’aspra risposta a John Moorman.
— Édouard d’Alençon, molto probabilmente iniziata proprio nel 1898 all’edizione critica dell’opera omnia del Celanese, in quest’anno, Faloci Pulignani, dava notizia del rinvenimento a Marsiglia di un nuovo codice sul Memoriale.
— Nel 2007, Jacques Dalarun dà alle stampe il suo lavoro di edizione e studio della cosiddetta Legenda Umbra, che afferma possa attribuirsi a Tommaso da Celano (Cf. J., Vers une résolution de la question franciscaine. La Légende Ombrienne de Thomas de Celano, Paris 2007).
— Marco Guida, dopo aver discusso il suo dottorato presso la Pontificia Università Gregoriana, pubblica nella collana dei Bollandisti il volume sulla Vita sanctae Clarae, proponendo di restituire la sua paternità a Tommaso da Celano, che definisce significativamente «un frate minore autore»
— Nel 2012, si segnala infine l’edizione di una Legenda Liturgica Vaticana per octavam , che si è rivelata uno dei tasselli liturgici attinti dalla parte iniziale della Vita ritrovata.
— Nel gennaio 2015, Jacques Dalarun annunciava il ritrovamento di un manoscritto acquistato dalla Bibliothèque nationale de France, all’interno del quale è preservata una vita finora sconosciuta scritta da Tommaso da Celano.
— Jacques Dalarun. Tentando comunque uno sguardo che abbraccia le informazioni nuove tramandate da Tommaso da Celano, ci accorgiamo che elabora la figura del suo protagonista nella prospettiva degli anni e delle nuove circostanze in cui visse l’Ordine alla fine del generalato di frate Elia. Le letture che si possono dare sono ancora molto parziali e incomplete, dato il tempo troppo breve tra la scoperta e pubblicazione e le prime analisi storico-critiche. Ovvio, il dato biografico, informativo, è quello che emerge per primo, ed è relativamente semplice elencare le novità non presenti nella prima biografia, o i fatti già noti, ma qui raccontati diversamente, come, per fare un solo esempio, quello legato al viaggio d’affari di Francesco a Roma: non un pellegrinaggio, come siamo abituati a pensare, grazie a un racconto forse più ideologico che storico, e alle motivazioni dello scambio dei vestiti con un mendicante presso la Basilica di San Pietro. La novità che emerge è che siamo di fronte a una leggenda agiografica con doppia funzionalità: quella liturgica, con i brani iniziali preparati come le nove letture adatte al breviario di allora, e quella informativa, con un racconto riassuntivo, abbreviato, ma completo, e adatto a un codice di viaggio maneggevole, “la libreria portatile”, come lo definisce lo stesso Dalarun. Infatti così si presenta fisicamente il libretto (120×82 mm) in cui è stato riscoperto il testo del celanese. La rilevanza della scoperta è grande. André Vauchez, illustre storico e medievista francese, ha paragonato questo evento alla scoperta della Compilatio Assisiensis nel 1922 ad opera del p. Ferdinand Delorme OFM. Il noto medievista italiano, Franco Cardini, ha chiamato la nuova biografia “un anello mancante” della questione francescana. Credo che questo già esprima tutto il suo valore per gli studi francescani e per quelli legati all’agiografia medievale.
— Antonio Gaspari nella rivista on-line ZENIT alla domanda su quali sono le virtù eroiche e quali le ragioni che fanno pensare a Tommaso di Celano come un Beato risponde:
Tommaso da Celano, come ho già accennato sopra, è invocato come “beato” dalle popolazioni della terra marsicana, particolarmente nella città natale e a Tagliacozzo, dove si possono venerare le sue reliquie nella chiesa conventuale di san Francesco. Il discorso legato alle virtù, almeno dal punto di vista canonico e giuridico, non è semplice, poiché si tratta del Servo di Dio dal passato remoto, in cui la procedura delle prove sull’eroicità delle virtù era differente e si basava anzitutto sui miracoli avvenuti tramite l’intercessione della persona ritenuta santa. Una documentazione del genere è esistente per fra Tommaso, ma è insufficiente secondo le categorie moderne.
Se volessimo ripercorrere le virtù che dimostra tramite la sua vita da frate francescano, sicuramente l’obbedienza e la carità sono quelle più evidenti, testimoniate tramite il suo impegno missionario in Germania. Anche il superiore dei frati conferma le doti non solo organizzative e le capacità di governare ma, anzitutto, la vita virtuosa, indirizzata al servizio dei frati e delle popolazioni tra cui lavorava. La virtù dell’umiltà è un segno che contraddistingue il primo biografo francescano, poiché nei suoi scritti non dice niente relativamente alla sua persona, focalizzando sempre sull’Assisiate tutti gli sforzi letterari. Infatti, come osservava Dalarun durante il nostro Convegno, l’umiltà e l’essere sempre in ombra, quasi invisibile, sono due caratteristiche che connotano Tommaso da Celano.
Tommaso dimostra un appassionato amore verso san Francesco, lo vuole presentare e trasmettere agli altri in modo diretto, reale, nonostante le esigenze dei canoni agiografici e le pressioni, o forse meglio, le indicazioni che gli venivano suggerite dalla curia papale, per una visione ecclesiale più adatta alle esigenze del tempo. Anche i frati non furono teneri con lui, come si legge nella risposta data dal biografo a tutti coloro che continuamente criticavano il suo lavoro, esigendo ancora nuove informazioni o prospettive sul Serafico Padre. Qui cito l’epilogo del Trattato dei miracoli: Non possiamo ogni giorno produrre cose nuove, né mutare ciò che è quadrato in rotondo, e neanche applicare alle varietà così molteplici di tanti tempi e tendenze ciò che abbiamo ricevuto come unica verità. Certo non siamo stati spinti a scrivere ciò per vanità, né ci siamo lasciati sommergere dall’istinto della nostra volontà fra tanta diversità di espressioni, ma ci spinsero al lavoro le pressioni e le richieste dei confratelli ed ancora l’autorità dei nostri superiori ci condusse a portarlo a termine. Attendiamo la ricompensa da Cristo Signore, e a voi, fratelli e padri, chiediamo comprensione ed amore. Così sia! Amen.
Alcuni vedono in questo brano un po’ di accidia, d’impazienza e di nervosismo di Tommaso stremato dalle ripetute richieste. Io invece qui vedo un discepolo fedelissimo, che con “denti e unghie” difende la verità, l’unicità e l’eccezionalità di Francesco, uomo evangelico conformato a Cristo. Dunque la virtù di fedeltà, la virtù di coraggio, la virtù di essere veritiero per me sono provate e confermate, anche se leggessimo solo questo frammento delle sue agiografie.
In conclusione potrei dire che il Nostro Tommaso, nella rivisitazione storica stà affermandosi in modo energico e sicuro. I suoi testi e soprattutto le sue idee sempre a sostegno del Francesco iniziale, hanno fatto sì che i frati e di conseguenza tutti i fedeli e non, abbiano una direttrice di vita senza incertezze. Il suo “modello”, potremmo dire, la creazione del “Francesco Santo” non è altro che lo specchio della sua immagine pura e retta. Una frase prendo sempre a riferimento del “Mio” Tommaso ed è quella in cui si rivolge al Padre (Francesco) criticando la vita soave ed impudica dei confratelli dicendo:
“Abbondiamo più di pseudo infermi che di combattenti, mentre, pur essi nati per il lavoro, dovrebbero stimare la propria vita come un combattimento. Non vogliono progredire con le opere, e con la contemplazione non possono… E ancor di più mi stupisco, secondo la parola del Beato Francesco,della loro impudenza, giacchè, mentre non sarebbero vissuti in casa loro se non del loro sudore, ora senza fatica vogliono vivere del sudore dei poveri…. Conoscono le ore al pasto,e se la fame li stimola, accusano il sole di aver dormito. E dovrei, buon Padre, giudicare degne della tua gloria le brutte azioni di questi uomini? Ma neanche della tua Tonaca!” (vita II 162)
A tutti io proporrei di seguire quello che è lo spirito di Tommaso, non a caso il suo dire, che tratta Francesco per il suo stile di vita e per il suo amore per il prossimo e non per i miracoli a lui attribuiti, sta proprio ad intendere che i titoli dati da altri non sà che farsene ne’ lui e ne’ il Santo. Per questo anche se il titolo di “Beato” ufficiale non dovesse arrivare, ricordatevi che è stato sempre BEATO per acclamazione di popolo e per identificazione da parte dei suoi confratelli.
Tommaso non attinge ad informazioni dubbia, ma avendo lui in prima persona vissuto parte delle cose descritte, ed avendo attinto per le altre da fonti certe e sincere, ci dà una descizione dei fatti quanto più possibile veritiera della vita di Francesco. Tommaso sente tutto il peso del suo ruolo, e perciò va all’essenza nello scrivere, proprio come Padre Francesco, dicendo: “potessi davvero essere degno discepolo di colui che evito costantemente il linguaggio difficile e gli ornamenti della retorica”. E crea una cronaca accessibile a tutti, asciutta e diretta, con stile sempre semplice e dimesso, e come scrive nel prologo della vita seconda, “desiderosi di andare incontro a chi è meno agile di mente, ed anche se possibile di piacere ai dotti”, potrebbe ancora oggi nel XXI secolo insegnare le regole fondamentali del buon giornalismo.
Ci sono elementi, rimarcati durante il convegno dal professor Jacques Dalarun, che caratterizzano la condotta di Tommaso e che, se ci pensiamo bene, delineano appieno il profilo ideale del buon comunicatore: la marcata umiltà, la semplicità di espressione e la fedeltà, a Francesco nella fattispecie e al suo messaggio.
il modus vivendi, e quindi operandi, di Tommaso rappresenta indubbiamente un presupposto sul quale riflettere attentamente.
L’umiltà di leggere i fatti, e di raccontarli con semplicità, non è povertà di contenuti, ma un modo semplice ed intuitivo di spianare la strada della comprensione a tutti indistintamente.
Lui ha l’onestà di fermarsi dove manca la conoscenza dei fatti, ed evita di darne spiegazione semplicemente per rispetto verso i protagonisti. Un limite al quale in molti non sono avvezzi nel sistema informativo attuale.
È per tutto questo che un giornalista, a disagio con le attuali tendenze, non può che provare uno sconfinato apprezzamento per la frase con cui Tommaso chiude il racconto dell’incontro di donna Jacopa con Francesco morente: “Sollevo la penna, perché non voglio balbettare ciò che non saprei spiegare”.
Anche per questo Tommaso, l’agiografo di Francesco, dimostra di essere un ammirevole cronista da cui prendere esempio, oggi, per non finire da cronisti a modesti agiografi dei potenti di turno.
il DIES IRAE tradotto:
l Dies irae, manifesto della spiritualità duecentesca destinato a diventare un caposaldo imprescindibile della musica sacra cristiana. È uno dei testi più noti della liturgia cristiana, compreso nel messale romano come “sequenza dei morti” (si canta infatti nelle cerimonie funebri). Il componimento è un riferimento al giudizio universale, ma noi sappiamo che v’è anche e soprattutto un senso intimo, sicuramente scatenato dalla notizia della distruzione di Celano ad opera di Federico II e della deportazione dei suoi concittadini. La lettura del testo in latino e tradotto in Italiano, è’ molto suggestivo sia collocandolo in una connotazione generale dell’umanità e sia se lo collochiamo in una visione piuttosto intima propria.
Dies iræ dies illa,Solvet sæclum in favilla,
Teste David cum Sybilla.
Quel giorno sarà un giorno d’ira,
ridurrà lo spazio-tempo e la vecchia visione in cenere:
La Sibilla e David lo attestano.
Quantus tremor est futurus
Quando iudex est venturus,
Cuncta stricte discussurus!
Quanto panico si spargerà
Quando il Giudice Giusto si manifesterà a te
E ti svelerà la verità di questo mondo
Tuba mirum spargens sonum
Per sepulchra regionum
Coget omnes ante thronum.
Quando una voce di tromba emetterà un suono possente e severo
Sugli uomini morti allo spirito, ovunque essi siano,
e spingerà tutti gli eletti a cercare il trono divino
Mors stupebit, et natura,
Cum resurget creatura
Iudicanti responsura
I Signori della Morte si meraviglieranno e si adireranno, e anche la natura inferiore
Quando ogni essere di nuovo riemergerà alla vita spirituale
E inizierà ad auto-giudicarsi.
Liber scriptus proferetur
In quo totum continetur
Unde mundus iudicetur.
Sarà aperto dall’iniziato il libro dell’anima
In cui tutto è già contenuto
Da cui mondo interiore sarà giudicato.
Iudex ergo cum sedebit,
Quidquid latet apparebit:
Nil inultum remanebit.
E quando il Giudice interiore infine dominerà sull’ego,
ciò che è immanifesto si vedrà
E nulla invendicato rimarrà.
Quid sum miser tunc dicturus,
Quem patronum rogaturus,
Cum vix iustus sit securus?
Cosa allora, io povero essere, potrò dichiarare quando inizierò ad autogiudicarmi?
Qual difensore mi potrò cercare,
Se il giusto non è mai al sicuro dagli Arconti?
Rex tremendæ maiestatis
Qui salvandos salvas gratis,
Salva me, fons pietatis
Tu mio Re, mio Melkizedek di terrificante maestà,
Che salvi coloro che salvi per pura grazia,
Salvami, tu acqua di misericordia.
Recordare, Iesu pie,
Quod sum causa tuæ viæ:
Ne me perdas illa die.
Ricordati, Gesù pieno d’amore,
che sono il motivo del tuo sacrificio e tu il motivo del mio:
Fa’ sì che non mi perda in questa notte dell’anima.
Quærens me sedisti lassus,
Redemisti crucem passus:
Tantus labor non sit cassus.
A cercarmi ti sei spossato,
Crocifisso mi hai salvato:
un simile sacrificio non sia risultato invano
Iuste iudex ultionis,
Donum fac remissionis
ante diem rationis.
Oh giusto Giudice vendicatore,
sciogli il mio karma,
Prima del giorno in cui tu giudicherai tutti
Io mi giudico prima che sia tu a farlo
Ingemisco tamquam reus,
Culpa rubet vultus meus:
Supplicanti parce Deus.
Compresa la mia colpa ne sono sconvolto,
Mi fa vergognare:
A me che ti imploro, Signore, dai ascolto.
Qui Mariam absolvisti,
Et latronem exaudisti,
Mihi quoque spem dedisti.
O tu che Maria sciogliesti dal karma
E che il ladrone esaudisti,
anche a me hai dato speranza.
Preces meæ non sunt dignæ,
Sed tu bonus fac benigne
Ne perenni cremer igne.
Indegne sono le mie preghiere,
Ma poiché bella clemenza usi avere,
Non farmi sempre possedere dal fuoco della natura inferiore.
Inter oves locum præsta
Et ab hædis me sequestra,
Statuens in parte dextra.
Un posto tra gli agnelli-prediletti riservami
E sottraimi dalla cerchia dei capri morti allo spirito,
Sicché alla tua destra possa sedermi.
Confutatis maledictis,
Flammis acribus addictis,
Voca me cum benedictis.
Siano confusi i maledetti Arconti e i loro accoliti, ,
Da aspre fiamme circondati,
Chiama me invece tra gli eletti salvati.
Oro supplex et acclinis,
Cor contritum quasi cinis:
Gere curam mei finis.
Ti prego e supplico, prostrato con la faccia a terra,
col cuore umile e pentito:
Abbi cura del mio destino.
Lacrimosa dies illa,
Qua resurget ex favilla
Iudicandus homo reus.
Pieno di pianto quel giorno sarà,
In cui dalla vecchia visione risorgerà
L’uomo colpevole che deve autogiudicarsi.
Huic ergo parce Deus:
Pie Iesu domine,
Dona eis requiem. Amen
Ma tu risparmialo, Signore,
Gesù pietoso,
Dona a lui la pace eterna.
Giancarlo Sociali