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Eraclio Il Colosso di Barletta

ERACLEO,  è attualmente l’unica grande statua al mondo, in bronzo, esposta nella sua versione originale all’aperto e non custodita in un museo.

Secondo la tradizione storica-popolare la statua fu ritrovata nel 1204 su uno scoglio nel porto di Barletta, finito lì probabilmente per il naufragio di una nave veneziana al rientro da una crociata.

Lo scoglio su cui fu ritrovata fu chiamato dal popolo “Mamma Arè”, cioè Mamma Eraclio, come se il Colosso fosse stato generato da quella pietra in mare. Tale ipotesi popolare, però, è stata scartata in tempi recenti in seguito agli studi effettuati sul bronzo stesso: la scarsa quantità di iodio sulla superficie ha invalidato, infatti, la romantica storia secolare.

Con molta più probabilità, la statua, elevata a Ravenna, sarebbe stata trasportata in Puglia dietro ordine dell’Imperatore Federico II di Svevia, il quale desiderava abbellire le città imperiali. Il Colosso, secondo alcune ricostruzioni, non era destinato alla città di Barletta ma a Foggia, Lucera o Melfi, per affermare l’autorità imperiale contro gli invasori saraceni. Ma, per ragioni non ancora chiarite, restò a Barletta dove, nel 1491, dopo una serie di vicissitudini, la statua fu rimossa dalla dogana portuale ed eretta proprio davanti alla Basilica del Santo Sepolcro, dove è possibile ammirarla anche oggi.

Anche se è a tutti noto come Eraclio, gli studiosi e gli appassionati di arte e di storia, in realtà, hanno escluso che il Colosso rappresenti l’imperatore Eraclio I, data la pettinatura ormai passata di moda nel V secolo. E si è anche scartata l’ipotesi che lo considerava l’imperatore Valentiniano III, complice la somiglianza con una testa marmorea custodita presso il Louvre e i pendenti di perle del diadema presenti vicino all’orecchio sinistro. L’ipotesi più accreditata è quella secondo cui la statua raffiguri l’imperatore Teodosio II, all’età di trentotto anni: il valore di tale ipotesi si baserebbe proprio sulla pettinatura, sull’abito e sulla presenza del gioiello di arte gotica montato sul diadema sulla fronte del bronzo, che conduce ad Elia Eudossia, madre dell’imperatore, di origine franca. Ulteriori studi e ricerche con molta probabilità confermeranno e accerteranno questa identità.

La leggenda narra che un giorno il Colosso di Barletta sarebbe sceso dal suo basamento per soccorrere il popolo barlettano, in preda alla paura per la notizia di un imminente attacco ad opera dei saraceni. Tenendo a cuore la città e i suoi abitanti, il Colosso pensò ed attuò uno stratagemma. Non appena vide i nemici avvicinarsi alle mura della città, il gigante si fece trovare mentre piangeva, seduto sul ciglio della strada. I saraceni si intimorirono alla vista del gigante ma incuriositi gli si avvicinarono e gli chiesero il motivo per cui stesse piangendo. A questa domanda Eraclio rispose di essere stato cacciato dai suoi concittadini perché troppo piccolo e debole rispetto a loro e, perciò, inadatto a giocare con loro. All’udire questa risposta, i saraceni si spaventarono immaginando chissà quanto alti sarebbero stati tutti gli altri abitanti. Decisero, quindi, di rinunciare all’attacco e di darsela a gambe levate lontano da quella città. Così, Barletta fu salva e il Colosso fu festeggiato da tutti gli abitanti come un vero eroe. Tornò allora felice e soddisfatto sul suo piedistallo a sorvegliare dall’alto la sua amata città.

Le gambe e le braccia del Colosso non sono quelle originali: lo rivela, oltre che l’attestazione storica, anche la misura degli arti inferiori che appaiono tozzi rispetto al resto del corpo. Infatti, Carlo II d’Angiò, nel 1309, autorizzò i Frati Domenicani della città di Manfredonia a fondere quegli arti in bronzo per forgiare le campane della loro chiesa a Siponto. La statua rimase, dunque, dimenticata e monca fino al 1491 presso la dogana del porto di Barletta, quando il Comune autorizzò il rifacimento delle parti mancanti e la statua fu collocata sul “Sedile del popolo”, una loggia marmorea a sesto acuto di epoca rinascimentale, oggi non più presente, sulla cui base, come detto, è possibile ammirarla tutt’oggi. Da una ciocca di capelli dietro l’orecchio sinistro, spunta un orecchino costituito da due perle. Infatti, era d’uso presso i nobili bizantini appendere un orecchino tra i capelli, mentre i poveri erano soliti indossarlo all’orecchio.

Giancarlo Sociali

 

 

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