LA SPOGNA
30 Ottobre 2019
STUDIO SINTETICO SULL’ARTE METALLURGICA FUCENSE CON RIFERIMENTO ALLA MOBILITÀ E ALLO SVILUPPO DELL’ANIMALE FANTASTICO, la CHIMERA
20 Gennaio 2020
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20 Gennaio 2020

Un’area sacra dei Marsi ed il culto dei morti.

Prendo ispirazione da un articolo che affronta il tema del culto dei morti in Abruzzo per esporre alcune considerazioni che vanno al di là della mera storia recente e si concentrano sull’aspetto archeologico.

Nel contesto della descrizione del culto dei morti in Abruzzo, si fa spesso riferimento a pratiche religiose che sembrano derivare dalla cultura celtica. Tuttavia, vorrei sottolineare che, secondo la mia opinione, il rituale associato a questa cultura sembra affondare le sue radici molto più indietro nel tempo, risalendo al periodo italico che coinvolgeva l’intera popolazione dell’Italia centro-meridionale, e forse anche oltre.

A conferma di questa tesi, posso citare il rituale delle “parentalia”, che era praticato anche dai Romani ma aveva la sua massima espressione nelle popolazioni italiche. Ad esempio, fino a pochi anni fa, nella zona Peligna venivano ancora organizzati banchetti nei cimiteri per onorare i defunti e condividere un pasto con loro. Tuttavia, questo non implica necessariamente che il rito delle festività dei morti abbia origine dal rito di Samhain, l’inizio dell’inverno, come talvolta si sostiene.

A supporto della mia argomentazione, ci sono prove archeologiche che indicano che il culto dei morti, praticato in questo modo, ha radici molto antiche ed è legato ai rituali funebri della Parentalia. Un esempio inequivocabile di ciò lo possiamo trovare ad Aielli, con le tombe rupestri risalenti al I secolo a.c. In questo luogo dell’antica Caelanum (Celano) ancora chiamata “da Cele”, si tenevano conviviali in compagnia dei defunti. Addirittura, sopra una di queste tombe, nota come “delle canelle”, c’era una vasca con cannella per la fuoriuscita dei liquidi, sedili e sporgenze che permettevano ai parenti di rimanere accanto al defunto

Anche nelle altre tombe, veniva praticato lo stesso culto, il cui obiettivo era riunire i parenti intorno alla tomba del defunto. In quei giorni, in cui il confine tra giorno e notte, vita e morte si assottigliava in vista dell’inverno, si onoravano i propri defunti in modo scaramantico per alleviare le loro sofferenze e assicurarsi la loro benevolenza. Questi festeggiamenti avevano lo scopo di propiziare la fertilità del suolo, dei raccolti e il buon andamento delle attività agricole

Nella notte tra il 1° e il 2 novembre, era consuetudine non sparecchiare la tavola, lasciando cibo e un po’ di vino, poiché questa era considerata la notte del ritorno degli spiriti, che tornavano e visitavano le case dei loro cari. Queste usanze erano presenti in tutto il meridione, con alcune variazioni significative. Ad esempio, in Sicilia, non era permesso sparecchiare dopo il tramonto, poiché gli spiriti si sarebbero offesi se non avessero trovato nulla in casa. Nel nostro Abruzzo, al contrario, era sconsigliato lasciare avanzi di cibo negli altri giorni, diversi dalle festività dei santi, poiché si temeva che questo attirasse gli spiriti e li irritasse.

Era usanza in Abruzzo e nella Marsica, festeggiare il giorno dei morti, mangiando con loro al cimitero. Nelle realta Italiane all’estero, realtà che hanno mantenuto vive le originali tradizioni natie, ancora festeggiano il giorno dei morti, recandosi al cimitero e pranzare con i propri cari scomparsi.

Nelle feste di ognisanti, in Abruzzo erano molti i paesi nei quali
i bambini solevano impiastricciarsi il viso di cenere e farina e recarsi di casa in casa a ricevere “il bene”, un’offerta a nome delle anime dei morti, dei quali imitavano le fattezze con i loro visi camuffati. Tra le formule utilizzate per farsi aprire, alla domanda “Chi è?” i bambini rispondevano “l’aneme de le morte”. La porta veniva aperta e si donava ai bimbi frutta secca e biscotti.


Da qui, ci si rende conto come nella tradizione italiana esiste qualcosa di molto simile alla tradizione commeciale di Halloween, ma che affonda le radici nel paganesimo celtico. La formula “dolcetto o scherzetto”, pronunciata dai bambini americani mascherati in visita alle case del quartiere non è altro che la versione anglosassone della nostra “l’aneme de le morte”, che i nostri bambini pronunciavano con travestimenti molto semplici.

In definitiva, possiamo notare somiglianze notevoli tra queste antiche tradizioni e Halloween, con la chiesa cattolica che ha in seguito influenzato e modificato tali pratiche, conferendo loro un significato diverso ma sempre finalizzato all’onorare i defunti.

e Non mancano neanche le zucche decorate. Nella nostra tradizione si solevano svuotare le zucche per porvi all’interno delle candele per illuminare la strada alle anime dei morti. anche noi a Celano lo facevamo, e come era solito da parte di burloni, ci veniva accompagnato un lenzuolo bianco per far mettere spavento. Tra le regioni italiane deve era più radicato l’uso delle zucche come rudimentali lumini c’è proprio l’Abruzzo.

Giancarlo Sociali

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