Originariamente chiamata San Giovanni Caput Acquae, fu edificata dal vescovo Celanese Pandolfo che nel 1059 vi tumulò le ossa dei Santi Martiri, da allora protettori di Celano.
Nel XII secolo la Chiesa di San Giovanni caput Acquae diventò una delle piu importanti chiese feudali della Diocesi della Marsica. Essa era posta a contatto del grande incastellamento di Celanum dei Conti dei Marsi e della vicino Fons Aurea. La chiesa nel Duecento si salva dalla distruzione di Federico II del 1223.
Con la nascita della nuova Celano sulla sommità del Colle San Flaviano, l’importanza della chiesa di San Giovanni Caput Acquae viene offuscata dalla nuova Chiesa di San Giovanni Battista costruita all’ interno del centro abitato.
I primi interventi architettonici di ripristino si ebbero nel 1200, per volonta’ dei Conti Berardi, che fecero ricostruire l’impianto in stile romanico, ampliandone la pianta a tre navate.
Gia’ nel secolo successivo, la chiesa subì notevoli danni causati dalle infiltrazioni d’acqua delle vicine sorgenti e dal terremoto del 1348. Dopo di ciò, per volere del Conte Ruggero, fu ricostruita interamente, con l’inserimento di nuovi portali al lato sud ovest che cambiarono la via di accesso alla stessa. Con questa ricostruzione venne rinominata ed intitolata a San Giovanni Evangelista.
Dopo i terremoti del 1456 e 1461, per ordine dei Piccolomini si eseguirono nuovi interventi. In quell’epoca in seguito alla diffusione del culto della Madonna delle Grazie la Chiesa di San Giovanni Evangelista cambia nome in Chiesa della Madonna delle Grazie.
Con le pestilenze del 1500, la chiesa venne convertita in chiesa sepolcrale con l’apertura nel sottosuolo di vani per ospitare i defunti.
Con il terremoto del 1706, la navata sinistra dovette essere totalmente ricostruita mentre la destra rimase pressochè integra. Sino al 1932 la chiesa continuò ad essere utilizzata per la tumulazione dei morti.
Dopo gli interventi a causa del terremoto del 1915, la chiesa fu ricostruita e riacquistò così la pianta a tre navate e conservò gran parte delle opere marmoree e pittoriche.
Gran parte delle opere pittoriche di epoca antica si trovano nella navata di destra contenente il dipinto dell’Annunciazione. In questa navata si notano passaggi a più riprese di vari e valenti pittori dell’epoca con dipinti più che altro devozionali. C’è da dire che delle opere del trecento raffiguranti San Paolo, San Michele e Sant’Antonio Abate sono rimaste solo piccole testimonianze a causa degli interventi succedutisi e dall’incuria del tempo.
L’altare, del tardo ottocento, circoscrive il dipinto in affresco della Madonna del fine seicento. Nella prima colonna a destra dell’abside appare l’affresco della fine del 1300 della Madonna del Carmelo contenete la scritta “Petrei Celani Comes”, che riguarda Pietro II Figlio del Conte Ruggero II.
Importante dipinto è quello sulla navata di destra, vicino l’ingresso, raffigurante le nozze mistiche di Santa Caterina.
Dipinto raffigurante la Madonna delle Grazie.
L’iconografia della Madonna delle Grazie si diffuse in occidente verso il XIII secolo, fino alla sua decadenza intorno al XVII secolo.
Gli uomini colpiti da pestilenze, malattie, sventure sempre più adottarono delle figure autorevoli a protezione; tra queste quelle della Vergine. I pittori tardo medioevali, spesso raffiguravano la Madonna in piedi ed isolata con le braccia aperte a mo’ di misericordia, di accoglienza e protezione.
Molte testimonianze fanno credere che il dipinto dell’altare appartenga ad una chiesetta di campagna o meglio di fuori abitato. Una volta staccato fu riposizionato nella Chiesa della Madonna delle Grazie. Per verificare ciò occorrerebbero approfonditi studi sul muro dell’affresco nella parte retrostante, in quanto ad occhio, si vede la differenza di livello fra le pitture presenti raffiguranti altri santi e quella della Madonna.
Il dipinto è stato ulteriormente rovinato dall’inserimento di materiali ferrosi come gli ex voto.
Ciclo del trecento.
Il ciclo appartiene ad un unico periodo del XIV secolo raffiguranti San Paolo, San Michele Arcangelo e Sant’Antonio Abate. Da un primo impatto sembrerebbe appartenere iconograficamente ad un ciclo raffigurante la morte della Vergine molto diffuso nelle pitture del Trecento. Occorrerebbero studi più approfonditi per accertare questa ipotesi.
Madonna del Carmelo
L’iconografia della Madonna del Carmelo si propagò in occidente con il diffondersi dell’arte bizantina. Il dipinto raffigura la Madonna con in braccio il Bambin Gesù sorregge degli oggetti simbolici quale un uccello, probabilmente un cardellino, che rappresenta l’anima che vola via. C’è qui da notare come un significato simbolico pagano sia rimasto nella cultura Cristiana. La legganda narra che la macchia rossa sul capo del cardellino si sia formata quando l’uccellino sfiorò il viso di Cristo sulla Croce nel tentativo di togliere una spina, macchiandosi così con una goccia di sangue.
Fu la devozione di Pietro di Celano, figlio del Conte Ruggero II, a commissionare il dipinto, di fattura semplice ma di buona scuola pittorica. Questo dipinto con la scritta incisa ha destato la curiosità di numerosi studiosi.
Matrimonio mistico di Santa Caterina
L’ episodio è tratto dalla Legenda Aurea, e racconta di un eremita che donò a Caterina l’immagine della Madonna col Bambino. Il bambin Gesù rivolge lo sguardo alla Santa e le infila l’anello al dito sugellando così il sacro matrimonio, metafora della promessa spirituale di sé a Dio. Intorno alle figure principali troviamo dei Santi adorati localmente e la figura di Papa Bonifacio IV.
In passato il dipinto era attribuito erroneamente a Santa Lucia, in quanto gli occhi sul piatto (simbolo del martirio della Santa) sono risultati non originali, fatti in un recente passato.
Vista la fine e particolare fattura, l’opera fu sicuramente commissionata da persone ricche e di potere (quasi certamente i Piccolomini).
La chiesa della Madonna delle Grazie sarà ricordata anche nella bolla papale di Pasquale II. In questa chiesa è stato costudito per secoli l’exultet di Celano.
E’ qui che quando si ammalò San Berardo i canonici auspicarono per la morte del santo, “ut corporis eius honore fruerentur celanenses saltem in morte”, allo scopo di avere un ulteriore oggetto di culto da affiancare ai Santi Martiri che potesse richiamare pellegrini e accrescere il prestigio della chiesa con la speranza di farne una sede vescovile. Infatti i chierici celanesi avevano sempre voluto l’autonomia dalla curia tanto, che fino alla prima metà del cinquecento, avevano autonomamente insignito un prevosto con mitra e bacolo.
Sotto la pavimentazione della Chiesa, esistono dei vani utilizzati in un passato recente come cimitero. Ritengo che potesse esistere una cripta in cui il Vescovo Pandolfo tumulò le ossa dei santi Martiri.
Sappiamo che la chiesa fu restaurata, ampliata e trasformata nel 1200 dopo alcuni crolli. Dopo i restauri furono inseriti alcuni simboli che evidenziano un probabile insediamento dei templari.
LA CHIESA E LA PRESENZA TEMPLARE
Uno dei simboli più evidenti è il rosone principale che rappresenta una stella ad otto punte uno dei simboli usati dai templari. La sua caratteristica fondamentale è che essa si raddoppia in una croce interna più piccola formata da quattro triangoli isosceli identici, opposti al vertice, che assumono la forma di una croce patente. La croce ad otto punte costruisce anche l’ “asterisco” riconducibile al simbolo del “Centro Sacro”.
Altro segno emblematico e particolare, richiamante i Cavalieri del Tempio è la croce orbicolare patente inclinata, che denota la conoscenza dei cavalieri templari dell’inclinazione dell’asse terrestre. Detta croce si trova ora nell’ingresso usato principalmente. I cavalieri del tempio a contatto con le popolazioni asiatiche, dove lo studio per l’astronomia era molto progredito, vennero a conoscenza dell’inclinazione dell’asse terrestre. Tale conoscenza la trasmisero inserendo la croce della cristianità all’interno di un’orbita che rappresentava il mondo (e quì già si apre un’altro motivo di ricerca, circa la conoscenza del mondo come sfera), croce che appositamente è scolpita inclinata all’interno della sfera, come a dire di dover riposizionare il simbolo della cristianità in modo simmetrico rispetto al mondo.
Su ambo i portali dell’ingresso della Chiesa vi sono raffigurate incisioni di numerose croci templari o “patenti”. Una stella ad otto raggi ed i “Segno del Golgota”, tutti attribuiti con certezza ai Templari, incisi nella pietra. Il segno del Golgota viene chiamato anche “Segno della Commanderia” e si ritiene che indicasse la presenza di una “Commanderia” (o “Commenda”) dell’Ordine dei Templari. Questi segni sono stati ritrovati anche nella bastide di Domme in Francia costruita nel XIII secolo che venne utilizzata, nel 1307, come carcere per alcuni Templari.
All’interno della Chiesa c’è la scultura “dell’Agnello crucifero”, che nella iconografia medioevale cavalleresca della Paupera Militia Christi occupa un posto centrale. L’Agnello è rappresentato con il capo rivolto all’indietro e con lo zoccolo destro che trattiene il vessillo della croce, simbolo di martirio ed al tempo stesso di Risurrezione.
Esso non ha necessità di guardare innanzi giacché conosce bene la strada che porta nei cieli; guarda invece in modo amorevole e caritatevole il gregge che lo segue.
Oltre al segno del “Golgota” ci sono altri segni che potrebbero indicare la presenza di un capo o “maestro”, ossia le croci Patriarcali in rosso presenti sull’entrata principale.
Nel Capitolo generale dell’Ordine, celebrato a Parigi nel 1147, Papa Eugenio III ribadì che i templari dovevano portare una croce color vermiglio sulla spalla sinistra del mantello bianco. La Croce Patriarcale scomparve dalla simbologia ufficiale dell’Ordine del Tempio, anche se alcuni ricercatori sostengono che, per un periodo imprecisato, venne mantenuta dal Gran Maestro e dai vertici dell’organizzazione. In proposito, così scriveva, intorno alla metà del secolo scorso, lo scrittore John Charpentier: “la croce rossa [patente] è stata comune a tutti i membri, ad eccezione, tuttavia, dei grandi dignitari che adottarono la croce a doppia traversa ineguale, la più corta in alto.”