i Conti di Ocre e quelli di Celano
16 Febbraio 2018
DEMOCRAZIA – Ognuno deve tentare di rompere le proprie catene e, anche se inizialmente la consapevolezza di aver vissuto in una finzione potrà far male, si sarà guadagnato la libertà.
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In viaggio nel territorio della Contea di Celano e precisamente nella Baronia di Castelvecchio Calvisio… a BOMINACO

Breve cenno storico: Il dominio sul territorio passa di mano in mano: ai Conti dei Marsi subentrarono gli Acquaviva; nel 1309 Corrado I era Signore di Castelvecchio; Nel 1384 Carlo III di Durazzo concesse la terra di Castelvecchio ai Conti di Celano. In seguito il territorio era sotto il dominio degli Sforza. Nel 1423, Braccio da Montone, detto Fortebraccio, uno dei più famosi Capitani di ventura dell’epoca, impegnato nella guerra contro L’Aquila e paesi limitrofi, saccheggiò e distrusse Castelvecchio, dopo una valorosa resistenza da parte degli abitanti. Nel 1478 la Baronia di Carapelle, comprendente Castelvecchio, passò ad Antonio Piccolomini, Duca d’Amalfi e Conte di Celano. Nel 1566, Costanza Piccolomini vendette il Marchesato di Capestrano e la Baronia di Carapelle al Granduca di Toscana, Don Francesco dei Medici, famiglia questa che la manterrà per tutto il ‘seicento.

In questo angolo d’Abruzzo esiste una “bomboniera” dell’arte e precisamente Bominaco che oltre al suo bel Castello ha questa perla chiamata “la Cappella Sistina D’Abruzzo”, L’ORATORIO DI SAN PELLEGRINO. Andateci perchè è una meraviglia a due passi da casa.

“la Cappella Sistina d’Abruzzo o la Cappella degli Scrovegni di campagna”,  poggia su roccia viva, ed è un’unica aula che misura metri 18 x 5,80, grande circa 110 mq. Nel mezzo della chiesa due plutei sono rappresentati da un drago e un grifo, probabilmente sono di riporto da Peltuinum.
L’intero corpo dell’edificio è ricoperto di affreschi, stride il contrasto tra l’esterno ed interno, quasi sembra dirci “di guardare oltre le apparenze” e che la vera ricchezza la troviamo nella “semplicità” e probabilmente dove non immaginiamo.

Gli affreschi furono concepiti come emanazione della stessa liturgia che i monaci celebravano nel coro conventuale. Per questo si ritiene plausibile che gli autori dei vari affreschi furono gli stessi monaci. “L’insieme pittorico esprime una simbiosi culturale che soltanto la comune educazione teologica e la medesima sensibilità monastica potevano produrre. 

I cicli pittorici furono  quindi dipinti da maestri differenti e precisamente: Il Maestro dell’Infanzia, il Maestro della Passione, il Maestro Miniaturista, il Calendario Bominacense.
Mi guardo intorno, senza proferire parole, ad una prima lettura della serie di affreschi si osserva un ciclo sull’infanzia di Cristo e uno sulla Passione, scene tratte dal Giudizio Universale, storie di San Pellegrino e di altri santi ed una serie sui mesi del Calendario.

Nelle sezioni superiori,  il Vangelo dell’Infanzia  termina sul lato opposto con la presentazione al tempio di Gesù. Nelle sezioni inferiori, la Passione di Cristo ha inizio con l’ingresso trionfale a Gerusalemme per riprendere poi con la cena ebraica e termina, sempre nel lato opposto con la Sepoltura.

Le scene della Crocifissione e della Resurrezione non compaiono poiché gli affreschi in San Pellegrino celebrano i contenuti essenziali della fede cristiana.
Le storie dedicate a San Pellegrino sono sei, mentre il ciclo dell’infanzia di Cristo comprende gli episodi dell’Annunciazione, della Visitazione, della Natività e della strage degli innocenti. Il ciclo della Passione comprende gli episodi dell’entrata a Gerusalemme, la lavanda dei piedi, l’Ultima cena, il tradimento di Giuda, l’arresto, il processo, la Deposizione dalla croce, la sepoltura e l’apparizione ad Emmaus.

Il giudizio universale è diviso nelle scene della Pesa delle anime, San Pietro che apre le porte del paradiso, i patriarchi con le anime dei beati, i dannati torturati dai demoni.

Del calendario restano leggibili soltanto i primi sei mesi raffigurati tramite i segni zodiacali, le attività dell’uomo e le festività della diocesi di Valva, al quale apparteneva l’oratorio.

Insomma un connubio di emozioni e sensazioni forti. Pensare alla povertà materiale del periodo ma alla ricchezza artistica unita alla fede, effettivamente fa’ piombare in attimi di interrogazione spirituale.

Si, l’oratorio di San Pellegrino questo fa’. Ti fa’ viaggiare nel tempo con la mente e con lo spirito.

Giancarlo Sociali

 

 

 

 

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