JACOVELLA DI CELANO Leggenda Abruzzese
7 Aprile 2020
LE PRATERIE DEL “LINO DELLE FATE” (STIPA AUSTROITALICA)
4 Giugno 2020
JACOVELLA DI CELANO Leggenda Abruzzese
7 Aprile 2020
LE PRATERIE DEL “LINO DELLE FATE” (STIPA AUSTROITALICA)
4 Giugno 2020

JACOVELLA DI CELANO “in pillole”

Riscattiamo Jacovella di Celano, ultima dei Berardi.
Capitolo 1 – Una donna tenace, battagliera. Una donna che seppe tener testa ad un mondo crudele fatto di avidi guerrieri. Una donna che pur se non baciata dalla buona sorte, seppe in ogni caso seminare amore e passione per la sua terra, per Celano. Cosi’ scriveva di lei Stefano di Wassam nella “Lettera a Covella” : “Tra le cose passeggere ne trovo solo una tale da rappresentare l’immagine della vita celeste, e cioè solo l’amore, che un evento fisico non altera, una separazione non separa, la distanza del tempo non annulla”.

Riscattiamo Jacovella di Celano.
Capitolo 2 – Alla morte del Conte di Celano Nicola nel 1418, gli subentrò il figlio Pietro III. Pietro mori poco dopo, lasciando per testamento la Contea alla sorella Jacovella o Covella, ed altre cose alle altre due sorelle. Il Papa Martino V obbligò Jacovella (giovanissima) a sposare Edoardo Colonna. Rriferendosi a ciò, scriveva Poggio Bracciolini “Uxor Eduardi…. per vim rapta” ( Fu sposa di Edoardo con la forza). La povera Jacovella senza un padre come rifugio, senza un fratello che la difendesse, sola, fanciulla, intimorita subì la costrizione.

Riscattiamo Jacovella di Celano.
Capitolo 3 – Jacovella non si rassegnava alla sorte toccatale, ed appena morto il Papa Martino V , fautore del matrimonio con il Colonna, ed essendo di tre anni più cresciuta, scappò di nascosto e si rifugiò dai suoi parenti. Scrive Brogi che le vere ragioni della ribellione, furono la fierezza, “l’ambizione di essere padrona di se stessa” e soprattutto l’avversione verso i Colonna usurpatori del patrimonio della propria famiglia. Infatti Jacovella pur trascorrendo tre anni nel castello di Genenzano con il marito Edoardo, e pur dividendo il letto nuziale rimase “virginem et a viro incognitam” (arch. Vatic.Reg. Eugenii IV……). MAI SI CONCESSE.

Riscattiamo Jacovella di Celano.
Capitolo 4 – Fuggita Jacovella si rivolse al Papa Eugenio IV per l’annullamento del suo matrimonio. Nella lettera di Jacovella, si vede per la prima volta per il tempo che fu, parlare di amore come corroborante della felicità fisica e psichica, dando valore all’emozione degli sposi rispetto alle prerogative economiche e di potere. Nel discorso di Jacovella comunque non traspare vergogna o sottomissione, ma fierezza e fermezza. Jacovella vinse. Il matrimonio fu annullato ed i possedimenti già occupati dai Colonna tornarono a lei.
Quello era un periodo terribile per l’Abruzzo e per l’Italia tutta, Guerre, accordi, usurpazioni ed uccisioni. Jacovella fu costretta a sposare uno dei più potenti uomini in armi di allora, Jacopo Caldora, un uomo ormai anziano verso la fine dei suoi giorni. Nulla si sa nel dettaglio di questo matrimonio, di certo Jacopo il condottiero, fu molto impegnato in quel periodo a combattere nel Regno, e quel matrimonio durò appena tre mesi in quanto Jacopo Caldora mori nel 1439.

Riscattiamo Jacovella di Celano.
Capitolo 5 -Nella prima metà del 1400, una donna vedova, giovane e senza figli era facile preda di attenzioni indesiderate. Associandoci il fatto che era senza padre o fratelli a difesa, possiamo immaginare i motivi per cui decise di rimanere nella sfera della famiglia Caldora sposando il nipote di Jacopo, Leonello Acclozamora. Con Leonello finalmente ci fù quell’unione sperata da Jacovella, dove l’amore fiorì e portò anche dei figli. La famiglia dei Conti di Celano proliferò per potere e prestigio fino alla morte di Leonello. Morte che portò definitivamente sul baratro la Contea di Celano e la famiglia dei Conti di Celano, causa i dissidi fra Jacovella ed il figlio primogenito Ruggero.
Lo sposalizio con Leonello avvenne probabilmente fra l’autunno del 1439 e l’estate del 1440. Leonello divenne uno dei più importanti consiglieri di Re Alfonso d’Aragona.Fra Leonello e Jacovella si percepisce quell’amore, quel legame sentimentale che sono alla base del matrimonio e della ricerca dell’uno per l’altra. A confermare che le vicende antecedenti furono tutte vicende forzate ed obbligate, il Colapietra scrive che il matrimonio di Jacovella con Leonello, oltre ad essere di elevato disegno politico, mette fine ad un’ormai lunga e malavventurata verginità.

Riscattiamo Jacovella di Celano.
Capitolo 6 – A garanzia di quanto detto nel capitolo precedente, sull’amore fra Jacovella e Leonello, c’è una lettera che Leonello scrisse a Giovanni da Capestrano (futuro Santo) che si trovava in Ungheria, definendo la moglie Jacovella come donna dolcissima e dilettissima. Una lettera piena di affetto per la Contessa, preoccupato per l’imminente parto del terzo figlio in arrivo. In questo scritto Leonello supplica il futuro Santo affinchè interceda per lei con le sue preghiere, per scongiurare i pericoli dell’imminente parto. Jacovella e Leonello erano molto uniti al Frate Giovanni da Capestrano , e verso di lui, non avevano solo un vincolo spirituale, ma di amicizia sincera e di rispetto reciproco. Jacovella, intervenne anche per la donazione di un terreno ai frati minori francescani per la costruzione di un nuovo monastero a Capestrano e fù una delle maggiori benefattrici per la costruzione della Basilica di San Bernardino all’Aquila fra il 1454 ed il 1500. La sua fedeltà e devozione per il Beato Francesco è evidente in qualsiasi momento della vita di Jacovella. La sua fedeltà al Santo capestranese viene evidenziata in uno scritto di frate Giovanni da Tagliacozzo che in sintesi dice che la Contessa Jacovella dovette soffrire in giovinezza di molte avversità e ne sarebbe uscita per i consigli del beato padre , ed anche ora che il beato padre è morto, ella lo venera come singolare avvocato suo.


Riscattiamo Jacovella di Celano.
Capitolo 7 – Fu’ quel periodo per Leonello e Jacovella un periodo florido ed importante.  Svilupparono forme di imprenditoria, attivando mercati e sviluppo artigianale verso i prodotti quali zafferano, lana, olio, sale, etc.etc. Inoltre furono avvantaggiati dalla corona per l’enorme sviluppo della pastorizia incentivando i mercati e fiere legate all’allora pratica transumante attraverso il Tratturo Celano Foggia. Essi concessero particolari condizioni che ritroveremo fino a secoli successivi, condizioni che favorivano l’ingresso e la circolazione di mercanti provenienti da tutt’Italia, e la lana di Celano fu acquistata persino dagli Strozzi di Napoli( gli industriali mercanti più potenti del Regno di Napoli). Queste forme di incentivazione, portarono a sviluppare un’industria molto florida attraverso l’attivazione di gualchiere e filande per la nascita della più fiorente attività della produzione del Guarnello (già prodotto all’epoca di Ruggero II e Pietro II). Dal 1453 fu concessa alla piazza celanese una seconda fiera, fatta a Giugno nel giorno di San Giovanni, a dimostrazione della scaltrezza e dello spirito imprenditoriale di Jacovella e Leonello.


Riscattiamo Jacovella di Celano.
Capitolo 8 – Jacovella donna erudita e moderna, fece molto per far risaltare la bellezza della Contea, commissionando lavori artistici ininterrottamente anche nella Chiesa di San Giovanni Battista ed Evangelista di Celano, dove addirittura abbiamo opere dello stesso autore della cappella del Caldora a Sulmona. Inoltre diedero corso a nuovi progetti urbanistici  per Celano, ampliando il castello e completando il complesso monastico dei frati Celestini presso Sant’Angelo. A dimostrazione delle loro lunghe vedute,  provvidero all’abolizione in infinito del diritto feudale di un terzo per le nuove costruzioni e per la vendita di case. Purtroppo nei primi di Agosto del 1458 Leonello morì e fù sepolto nella chiesa dei padri Celestini dedicata a San Michele Arcangelo.  Jacovella dopo la morte di leonello si ritirò nel castello di Gagliano Aterno.

Riscattiamo Jacovella di Celano.
Capitolo 9 – Alla morte di Leonello il titolo di Conte doveva andare  al figlio Ruggero, ma siccome era di tenera età, Jacovella amministrò lei e solo lei la Contea, ritenendola a buon diritto cosa di sua proprietà in quanto derivatagli dalla dote di famiglia. Viene ritenuta una eroina come l’essersi messa in gioco con personalità maschile nel suo essere donna. in breve tempo però avvenne una cosa grave dentro la sua famiglia. Il figlio Ruggero voleva  governare lo Stato di Celano, intendendo allearsi con  gli Angioini contro gli Aragonesi. Jacovella invece  voleva continuare la tradizione tenuta da Leonello di fedeltà alla corona degli Aragonesi, mettendo lo Stato di Celano al sicuro e con la giusta protezione. Questi dissidi fra madre e figlio aumentarono fino a culminare in una ribellione vera e propria. Il territorio marsicano in quel periodo era diventato incandescente e la corona per ottenere l’obbedienza di Celano, mandò  Federico da Montefeltro con le truppe reali. Solo dopo molto  tempo riusci ad ottenere l’alleanza (forzata),  prendendo  più di 100 ostaggi fra gli uomini principali della contea,  e riesce a farle issare le bandiere di obbedienza al Re.


Riscattiamo Jacovella di Celano.
Capitolo 10 – Ruggero intanto, spalleggiato da Giacomo Piccinino, principale condottiero fedele ai D’Angio, intraprese l’assedio del Castello di Gagliano Aterno, dove si trovava la madre. Jacovella, incita i suoi, resiste fino a quando dopo giorni di assedio, con l’inganno il figlio riesce ad entrare e dall’interno ottiene la resa.

Il Piccinino fà man bassa del tesoro della Contea e rinchiude Jacovella nel Castello fortezza di Castelvecchio Subequo. Ruggero di tenera età, viene soggiogato dal Piccinino e finisce per un periodo addirittura come suo ostaggio. Ruggero resosi conto dell’errore fatto, convinse la madre ad andare dal Papa per chiedere perdono e di intercedere presso il Re. Il Papa, alla fine, d’accordo con  il Re Ferrante d’Aragona, nel 1463 assegnò la Contea al nipote Antonio Todeschini Piccolomini, estromettendo definitivamente gli ultimi Berardi dal proprio feudo. Ruggero per qualche anno farà ancora  parlare di sè tentando invano alleanze per riconquistare quanto gli apparteneva, mentre la Contessa Jacovella dovette trasferirsi in altre terre della Puglia. Qui le viene confermato il Contando di Venafro nel Molise, di cui appunto diventa Contessa. Ed a Venafro l’ormai 50enne Jacovella da Celano vive i suoi ultimi anni. Muore prima del 1471, concludendo la propria esistenza nel Castello di Venafro in Molise.

Augusto Cantelmi, nel suo libro su Jacovella  cerca di sentire tutto il dolore della stessa, costretta a lasciare il Castello di Celano. Cerca di sentirlo e ce lo esprime con alcuni suoi versi inequivocabili. Egli ce la rappresenta nel racconto e ce la fa vedere in mezzo ai cavalieri ed alle dame di corte, la qual folla,  piangendo benedice  le sue vesti regali. Cantelmi fa parlare Jacovella per noi, la quale dice:

Addio Sogni Di Gloria Cullati Sotto Le Bandiere Ed I Trionfi Dei Cavalieri Dei Caldora Su Bianchi Destrieri;

Addio Ricordi D’infanzia Fra Le Stanze Doratre Dei Colonna E Degli Orsini;

Addio Prosperose Fanciulle Del Contado E Vezzose Madamigelle A Corte;

Addio O Vette Nevose Del Velino, Del Morrone E Valli Verdi Del Mio Contado;

Addio Monte Tino, Dolce Poggio Dei Miei Avi;

Addio Colline Ubertose Pien D’ulivi E Vigneti;

Addio Sorgente Fonte D’oro Dei Ss. Martiri Che Alimentasti La Calce Del Mio Colosseo;

Addio Ville Romane Sparse Sulle Pendici Dei Mie Colli E Monti Pittoreschi;

Addio Per Sempre O Acque Azzurre Del Mio Lago, Che Eravate La Mia Poesia. Addio!


Riscattiamo Jacovella di Celano.
Capitolo 11 – Ruggero per un certo periodo mantenne il controllo della Valle Roveto “Rogeronem de Celano Domini Balcerani et c. cum Terris, Vassallis et subditis suis”, e da qui si denota come i Piccolomini non potettero entrare immediatamente a comandare tutta la contea. Ancora nel 1484 Rogerone dava filo da torcere anche alle truppe Aragonesi, fino a quando nel 1886 il prefetto Gianni della Rovere dopo aver occupato Albe lascia il controllo dei territori celanesi proprio a Rogerone. Infatti in una lettera del Cardinale Colonna si  scrive: Io prefecto, prima che partesse, pigliò la maggior parte de lo contado de Celano, et hace lassato llà lo suo signore naturale, id est lo signore Rogerone, el quale ce è multo ben voluto in quello stato”.

Qui la dimostrazione che anche il popolo mal digerì l’intromissione dei Piccolomini nello stato naturale dei “Di Celano”. Nel 1495 Rogerone o Ruggero, era a Napoli a rinnovare la richiesta alla Camera Aquilana per tornare in possesso dei suoi averi, e probabilmente riuscì per un brevissimo tempo a riottenere il controllo della Contea  da Carlo VIII, sicuramente fino al 1497. Dopo breve tempo però morì in un duello sulle sponde del fiume di Pratola Peligna, si dice che lasciò tutti i suoi beni alla Città dell’Aquila, scelta dettata forse dal fatto che voleva ripercorrere le orme di suo nonno, il Conte Nicola, che per un periodo fu eletto Governatore della Città.


Riscattiamo Jacovella di Celano.
Capitolo 12 – Il secondogenito Pietro, aveva delle qualità letterarie, scientifiche ed artistiche. Un uomo dotto ed erudito, collezionava codici, ed appunto una collezione nota era quella di Pietro da Celano, requisita da Ferdinando I per farla confluire in quella reale. Completa alcuni studi a Venezia, in ambienti culturalmente elevati considerandosi un esule in terra straniera. Questa situazione negativa rimane in Pietro anche se si ritrova spesso negli ambienti di corte a Napoli, e come sua madre Jacovella, interviene spesso nelle sorti della città dell’Aquila, lasciando donazioni per la costruzione di luoghi di culto. Infatti si ritrova nel 1473 in un lascito ai frati ” Pietro lasciò lo su corpo… in nella soa cappella” a San Berardino insieme ad una sua eredità. Bernardino Aquilano scriveva che il corpo di Jacovella : “dominus Petrus …in locum Sancti Bernardini de Aquila fecerit reportari, et in cappella sancti Bernardini suis eleemosynis aedificata quiescit”.

Basilica San Bernardino – L’Aquila

Riscattiamo Jacovella di Celano.
Capitolo 13 –

Jacovella mori nel 1471 e venne sepolta in Santa Maria la Nova a Napoli (chiesa francescana vicino al porto), a breve distanza dal Pallonetto di Santa Chiara una volta chiamato Vico de’ Celani, dove si trovava la residenza napoletana della famiglia. Nel Vico sorgeva anche la basilica di Santa Caterina de Celani, fatta costruire nel 1330 al tempo del Conte Ruggero II. (Presumibilmente vicino Piazza del Gesu’ Nuovo – Monastero Santa Chiara). Però nel 1471 Sisto IV ne autorizzò il trasferimento dietro richiesta dei figli Rogerinus et Petrus de Celano… Il corpo della Contessa fu trasferito nella Basilica di San Bernardino all’Aquila, presso la stessa cappella del Santo che la contessa, aveva contribuito a far costruire.

Ormai l’allontanamento dei “Di Celano” dai luoghi natii è totale, l’impossibilità di giacere vicino a Leonello nella Chiesa di Sant’Angelo era palese (i nuovi padroni non l’avrebbero permesso), ma in ogni caso la potenza ed il prestigio erano ormai consolidati. Anche con Leonello Acclozamuro, gli stessi figli si firmavano ed erano chiamati “di Celano”, mantenendo il “cognomen toponomasticum” .

Riscattiamo Jacovella di Celano.
Capitolo 14

Cantelmi nel suo lavoro Jacovella de Celano del 1970, nella sua descrizione straziante della Contessa Jacovella, mentre abbandona per sempre il suo Contado, la immagina nell’ultimo salmo della messa nella cappella del Castello di Celano, mentre passando tra la folla veniva baciata nelle vesti e venerata come una santa, e così dice:

ADDIO sogni di gloria cullati sotto le bandiere ed i trionfi dei cavalieri dei Caldora su bianchi destrieri!….

ADDIO ricordi d’infanzia fra le sale dorate dei Colonna e degli Orsini.

ADDIO prosperose fanciulle del contado e vezzose madamigelle a corte.

ADDIO o vette nevose del Velino, del Morrone e valli verdi del mio contado.

ADDIO monte Tino dolce poggio dei miei avi, addio colline ubertose pien d’ulivi e vigneti.

ADDIO sorgente Fonte D’oro dei SS. Martiri che alimentasti la calce del mio colosseo.

ADDIO ville romane sparse sulle pendici dei miei colli e monti pittoreschi.

ADDIO per sempre o acque azzurre del mio lago, che eravate la mia poesia, ADDIO!

Giancarlo Sociali

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