In una terra antica eppure eterna, si ergeva maestoso un luogo magico e avvolto dal mistero, un’area sacra che univa il cuore degli studiosi. La sua essenza fluiva attraverso un principio unificatore, che donava vita e forma a ciò che lo rendeva unico. La localizzazione, la forma, la struttura, tutto concorreva a creare un’atmosfera differente, ma il suo carattere distintivo risiedeva nell’anima degli uomini che vi dimoravano.

Il luogo, da mera distesa di terra, si tramutava in un luogo “umano”, dove ideali e valori si fondevano in un epico abbraccio. Esso non era solo un insediamento, ma l’espressione stessa della volontà umana, costruito e vissuto con l’uso di simboli e attestamenti condivisi nella profondità dell’animo della comunità.
In quel luogo, la gestione del territorio era un’autentica testimonianza di dedizione, un sentimento riversato nell’opera di creazione e nella condivisione delle esperienze. Una popolazione emanava principi forti ma umani, un binomio unico che trasudava aggressività e tenerezza, proprio come un abruzzese, un’espressione di coraggio e gentilezza, capace di incutere timore ma anche amore e invidia.
Eppure, come tutte le cose che fanno parte del grande disegno del tempo, il luogo non poteva sfuggire al passare delle ere. Con profonda tristezza, devo ammettere che quel luogo, Celano, non è più ciò che un tempo era. Ma mentre il ricordo di ciò che fu rimane vivo, la sua forza e gentilezza rimarranno impresse nell’eternità.