Nonostante l’appoggio dato alle armi angioine dai Caldora nella successione al Regno di Napoli, la morte di Giacomo nel 1439 e la sconfitta del figlio Antonio nel 1442 da parte di Alfonso d’ A r a g o n a , Iacovella riuscì a sposarsi nel 1445 con un filo-angioino, il giovane Leonello Acclozamora figlio di una sorella del Caldora. Il nuovo potere aragonese non si accanì su Leonello dato il suo precedente e fedele appoggio ai Caldora e al re Renato d’Angiò, ma riconobbe i suoi possessi e li potenziò con l’istituzione nel 1447 della “Dohana menae pecudum Ap u l i a e” (Dogana delle mena delle pecore in Pu g l i a ) .
Le trasformazioni urbanistiche attuate dall’ Acclozamora furono seguite dall’abolizione del diritto feudale di un terzo sui prezzi da pagare in caso di compravendita con enorme vantaggio per la Contea.
Quindi lungo la direttrice transumante del futuro tratturo Celano-Foggia si sviluppò l’azione dei Piccolomini, che continuerà anche nel pieno Cinquecento con la chiesa di Santa Maria delle Grazie di Collarmele. Sul finire del medioevo l’economia celanese delle classi emergenti, legate alle fortune dei Piccolomini, è sempre più indirizzata alla montagna e al tratturo con una società pastorale che si amplifica a dismisura a scapito delle numerose e povere classi subalterne di “terrazzani” (agricoltori) e pescatori, inurbate e tenute a freno dal castello dei Piccolomini con il suo carcere e dagli abati di San Giovanni Battista, asserviti ai potenti feudatari.
Nel 1579 Costanza, figlia unica di Innico Piccolomini, cedette la Baronia di Carapelle (comprendente Castelvecchio Calvisio, Santo Stefano di Sessanio, Calascio e Rocca Balascio) alla quale si aggiunsero anche Castel del Monte, Ofena e Capestrano, territori appartenenti fino ad allora alla Contea di Celano, a Francesco de’ Medici Granduca di Toscana. Ai Medici queste terre apparterranno fino al 1743. La domanda sorge spontanea: a cosa servivano ai Medici di Firenze dei territori così aspri e poveri? La risposta è: nell’interesse per la lana delle pecore. Infatti in questo periodo Santo Stefano di Sessanio raggiunse il massimo splendore come base operativa della Signoria di Firenze per il fiorente commercio della lana “carfagna”, qui prodotta e poi lavorata in Toscana e venduta in tutta Europa.
Facendo un passo indietro e sintetizzando, notiamo che nel 1115 i Normanni emanarono una Costituzione che istituì un regime particolare per i pascoli, dettando agevolazioni e privilegi a favore dei pastori. In seguito Federico II, pur predisponendo misure per l’agricoltura e incoraggiando la coltura della vite e dell’olivo, non mancò di tutelare e valorizzare i pascoli, riordinando l’amministrazione della mena delle pecore.
Pari cura e attenzione ebbero Carlo I d’Angiò e i suoi successori per la conservazione dei pascoli pugliesi, fonte di notevoli entrate fiscali.
Giovanna II, salita sul trono di Napoli nel 1414, ripristinò la Costituzione normanna, sottoponendo l’affitto dei terreni a pascolo dei privati a rigidi vincoli e autorizzazioni e dispose che i pastori venissero affidati a una giurisdizione particolare, con un foro privilegiato e due giudici speciali.
Il re Alfonso d’Aragona riformò l’istituto e riordinò tutte le precedenti disposizioni; col diploma del 1° agosto 1447, da campo di Tivoli, emanò la Prammatica della “Dogana Menae Pecudum Apulie”, confermando le consuetudini affermatesi nelle province di Penne,
Capitanata e Terra di Bari e nominando il suo collaboratore Francesco Montluber doganiere a vita e procuratore speciale del Re.
Il Montluber, avvalendosi degli ampi poteri del suo mandato, aggiunse al regio demanio altri pascoli, presi in fitto a tempo indeterminato da baroni, Università (Comuni) e luoghi pii ed estese l’affrancamento non solo alle pecore, ma anche a tutti gli animali, alle
suppellettili e alle mercanzie.
Il Tavoliere venne diviso in 23 locazioni, a cui se ne aggiunsero altre 20, dette dei poveri, per i bisogni dei piccoli allevatori, spesso vessati dai locati più ricchi con la subconcessione dei pascoli a prezzi proibitivi. Con l’istituzione della locazione d’Otranto e con la Doganella d’Abruzzo, che però dal 1650 avrà amministrazione autonoma, il territorio della Dogana arrivò a comprendere una regione vastissima, che abbracciava le pianure e le pendici che vanno dal leccese su fino al teramano. In questo periodo di cambiamenti, nel 1574 venne creato il Regio Tratturo Celano-Foggia da parte del Regio Doganiere Fabrizio Di Sangro duca di Vietri il quale rafforzò il controllo facendo redigere le piante planimetriche dei tratturi sulle quali, con disegni semplici ma di grande valore storico, vennero riportati, oltre ai termini lapidei, molti altri elementi naturali e architettonici (paesi, opifici, taverne, chiese).
Senza descrivere le enormi difficoltà che incontrò il Di Sangro avversato dai nobili possessori di terreni ed edifici, esso condusse a buon fine il Tracciato (Sulcazione) del tratturo Celano-Foggia. Per esperienza derivante dalle appropriazioni indebite subite dagli altri due tratturi già esistenti sulla carta, e cioè il L’Aquila-Foggia e il Pescasseroli-
Candela, provvide inoltre a collocare dei cippi lapidei (termini) lungo il percorso per segnalare i confini tratturali.
Nonostante i termini in pietra, furono molte le usurpazioni da parte dei possidenti locali e degli agricoltori che mal sopportavano questa appropriazione su un tracciato che tra l’altro serviva ai pastori solo due volte l’anno per andare e risalire dalla Puglia. Date le numerose
denunce da parte dei proprietari armentizi che si sentivano lesi di un diritto sacrosanto, nel 1651 si procedette alla prima reintegra del Celano-Foggia.
Questa reintegra è molto importante in quanto ci ha lasciato documenti eccezionali riguardanti sia la normativa che la geografia tratturale. Essa fu eseguita dal dottor Giuseppe Mercurio, “auditore della Regia Dogana per l’Apruzzo Ultra”. L’esecuzione gli fu affidata
dal marchese di Torello, Hettore Capicciolatro, delegato del real patrimonio della Dogana di Foggia. Il Mercurio, scortato da sei militi del Regno pagati dagli occupatori dei terreni tratturali, descrive tutte le azioni eseguite e tutte le reintegrazioni effettuate con elenco
minuzioso degli occupanti, descrivendo anche gli uomini esperti di campagna a lui affidati dalle varie Università per riconoscere i luoghi.
Infine il 26 maggio 1652 da L’Aquila rapporta l’ultimazione della reintegra da Celano a Sulmona.
Altre reintegre furono necessarie:
– nel 1712, nel 1726 e nel 1778 dal Crivelli, che compresero quasi
l’intero tratturo fino a Foggia;
– nel 1810 fu reintegrato da Ponterotto a Foggia;
– nel 1826 furono reintegrati territori comprendenti anche la
Marsica;
– nel 1828 fu reintegrato totalmente nei mesi di settembre, ottobre
e novembre la parte da Celano a Sulmona;
– nel 1832 da Sulmona a Ponterotto;
– nel 1835 da Ponterotto a Foggia.
Alcune delle ultime reintegre, che ci lasciano tra l’altro mappe ben più precise delle altre, furono quelle fatte nel 1861 e concluse nel 1862, e quella eseguita nel 1880.
In seguito ci furono chiaramente delle ispezioni e documentazioni relative agli occupatori con varie denunce e ordinanze di sgombero, ma si è visto come a oggi sono molte le parti di tratturo occupate sia da privati che da Enti pubblici con, addirittura, campi sportivi, Case comunali, e persino discariche abusive.
Oggi sono rimasti solo in alcuni casi testimonianze moderne di amministrazioni sensibili e culturalmente da lodare che tentano di incentivarne la conoscenza attraverso segnali e indicazioni e contributi ad attività culturali come convegni, musei e quant’altro. Nello
specifico esistono cartelli di indicazione nel Molise lungo il tratturo Celano-Foggia.
Si legge testualmente in un atto della Regia Dogana della Real Reintegra del 9 ottobre 1826 finita nel maggio 1835:
Nel lungo tratturo da Celano a Foggia a non meno di 119 1/4 miglia presi a contare dal punto dove si origina nel canale di S. Iona posto sotto la longitudine geografica 11° 10’ 12” e latitudine 42° 9’ 8” sino al punto presso l’abitato di Foggia al numero 711 sotto la longitudine geografica 13° 17’ 33” e latitudine 41° 30’ 10” corre buon tratto provincia di 2° Abruzzo ultra. Traversa l’abitato di comuni di Goriano Sicoli, Raiano, Roccavallescura, e tocca le mura di Sulmona e Roccaraso. Interamente traversa Molise toccando l’abitato di San Pietro Avellana e tutta la parte nord est della Capitanata sino Foggia. Nello scorrimento trovasi molti boschi.
Questo tratturo centrale, per la pastorizia sannitica, e per la posizione interessante più di tutti gli altri alla mena delle pecore, è il secondo in ordine di lunghezza. Per antichità pare che non potesse gareggiare con gli altri, stante per certo che prima dell’era volgare si batteva principalmente quello da Pescasseroli a Sepino, né poteva essere diversamente,
mentre il Lazio dava in allora pastori colossali che concorrevano al piano pugliese, come può rilevarsi da Varrone e di altri antichi scrittori. Il popolo romano mandava pure in quei
tempi, i Pubblicani per l’esazione del rettigale in Sepino e Boiano, e non in altri luoghi. Nulla di meno il tratturo chiuso in questo volume porta a convenire ch’essendo un cammino centrale al Sannio, e questi sempremai, e più che gli altri pastori, ha dovuto non essere così recente, ma sempre boscoso. S’ignora cosa fosse ne mezzi tempi, e d’inpe. Crederlo frequentato ma sempre selvano.
Nel 1574 il Doganiere Fabrizio Di Sa n g ro nel voler fissare con caratteri chiari il corso de tratturi, fra gli altri prese a disegnare nel mese di Febbraio dello stesso anno 1574 la parte che da Foggia mena a Ponterotto, e da Sulmona a Celano, e fu ordinata a’ minori Officiali della Dogana in Abruzzo del seguente anno 1575 la disegnazione da Ponterotto
al fiume Biferno, restando da quel punto a Sulmona non disegnato.
Nei primi mesi del 1600 per le lagnanze presentate dal Vicerè conte di Lemos, fu incaricata la esecuzione del riconoscimento del tratturo che mena a Celano l’Uditore della Dogana Lelio Ricciardi. Tale riconoscenza risultò infruttuosa, per avere il supremo Consiglio richiamato a se gli atti.
Nel 1651 per la reintegra di Ettore Capricelato, l’Uditore di Abruzzo Citra Carlo Capece Scondito reintegrò di questo tratturo la parte da Sulmona a Ponterotto, eseguendosi l’altra parte da Sulmona a Celano dall’Uditore di Abruzzo Ultra Giuseppe Mercurio, il resto da Ponterotto a Foggia ne furono incaricati l’Uditore della Dogana Bartolomeo Belvedere, i Credenzieri Giuseppe e Tiberio Barberiis, e il Governatore di Foggia Marino de Angelis.
Nel 1712 colla reintegra di Capuelatro, si trattò una parte da Sulmona a Vastogirardi di questo tratturo.
Nel 1810 ebbe a esser reintegrato interamente dall’Incaricato Saverio Sollenne a esecuzione della parte da Ponterotto a Foggia che fu reintegrata da Pasquale Gabaldi, e della parte che passa pei tenimenti di Sant’Elia e Ripabottoni che fu reintegrata da Giuseppe Marena.
Coll’attuale reintegra si è trattato da Celano a Sulmona ne mesi di Sett. Ott. e Novem. 1828, da Sulmona a Ponterotto, nei mesi di Luglio a Novembre 1832, e da Ponterotto a Foggia in Maggio 1835. Il risultato delle operazioni presenta una lunghezza di Miglia 119.570 3/4. Coll’aria di carri 99 vers. 8 con una occupazione di edifici, piantagioni e colture di Carre 4 vale a dire 1/23° della quantità totale, occupazione minore di quella ritrovata nei tratturi da Aquila a Foggia, e da Centurelle a Montesecco, e maggiore di quella contenuta ne trattati di puglia. Il suolo è mediocramente transitabile, presentando più difficoltà nei spessi boschi che quella pel passaggio de fiumi a guazzo. L’erba non è difficile ed è buona… Gianniantoni
Giancarlo Sociali