La transumanza nella Marsica fra Impero Romano e Dogana di Foggia

Fiera di Celano mese di Settembre prima della transumanza

La caduta dell’Impero Romano coincise con le invasioni barbariche

e significò la dismissione dell’allevamento ovino per ovvi motivi

di sicurezza e di saccheggi che le popolazioni dovettero subire. Nel

periodo alto medievale i ricoveri per gli animali presenti nei tratturi

divennero così dimore per le persone. La grande transumanza scomparve

per la mancanza di leggi che la regolassero e per il pericolo nell’affrontare

i viaggi a causa delle scorrerie dei predoni barbari. Nella

Marsica e nell’Appennino italico l’industria armentizia si limitò agli

ambiti locali e andarono affermandosi le “curtis”, proprietà agrarie

costituite da più poderi non sempre contigui ma che nel loro insieme

formavano un’unità economica autosufficiente.

La taverna di Quatranella lungo il Regio Tratturo Celano – Foggia

La società dei barbari era organizzata in maniera diversa rispetto

a quella romana: questa si reggeva su un apparato burocratico fonte

di diritto, quella si reggeva sui rapporti di consanguineità e personali.

In pratica, nella società romana lo stato in quanto tale amministrava

e gestiva la giustizia e aveva un idoneo sistema fiscale; la società

barbarica, stanziale o nomade, era soprattutto una società guerriera

alla ricerca di comunità e villaggi da depredare.

Sirente e dintorni

Nella Marsica, in quel periodo si conobbe una crisi totale dell’industria

armentizia, già messa a dura prova dalla realtà locale e dalle

continue distruzioni e saccheggi provocati dai popoli transitanti. Tale

periodo si prolungò a tal punto da annullare definitivamente l’industria

armentizia. Molte case nobiliari furono distrutte e con esse

il circuito lavorativo che vi ruotava intorno. I secoli che vedono la

decomposizione dell’Impero Romano d’Occidente rappresentano

un periodo di intense migrazioni di genti che provengono in prevalenza

dall’est.

Tratturello inizio secolo scorso, per il passaggio dei pastori di Celano nel territorio di Aielli, per raggiungere i pascoli del Sirente.

La causa di questi spostamenti è da ricercarsi soprattutto

nella volontà, non più contrastata da barriere militari o da vincoli

di inferiorità bellica, di migliorare il rapporto uomo/terra sia

sotto il profilo quantitativo (appropriazione di nuovi e più vasti territori

per i bisogni di una agricoltura estensiva e di un allevamento

ancora in parte nomade) sia sotto quello qualitativo (terreni più fertili,

in alcuni casi già bonificati e messi a coltura). [1967, Clifford T.

Smith]

La contrapposizione tra agricoltura e allevamento, insieme a una

mancata innovazione tecnologica su un terreno impoverito e soprattutto

reso sterile dalla mancata fertilizzazione dai residui organici

animali, è causa delle basse rese agricole. La denutrizione è generalizzata

tra le masse contadine e non si può certo affermare che alla

decadenza delle città faccia da contrappeso uno sviluppo florido

delle campagne.

E ditemi che non è amore….

Lo sviluppo di apparati rurali all’interno dei centri

urbani, con orti, stalle, terreni acquitrinosi, rappresenta sì un predominio

dell’ambiente rurale su quello delle città, ma certamente

non rappresenta una dominazione economica politica delle campagne

sulle città. È più esatto parlare quindi di economia domestica

autosufficiente.

Mimetizzarsi per proteggere

Questo tipo di economia era prevalente o esclusiva nella Marsica.

Tutto il territorio era di proprietà nobiliare, gli affittuari e i dipendenti

non praticavano solo la pastorizia e i periodi neri furono mitigati

da altre attività come l’agricoltura e soprattutto la pesca. Quest’ultima

attività ai pescatori fruttava solo due terzi del ricavato perché

l’altra parte era lasciata nelle “stanche” (luoghi dove veniva pesato

il pesce pescato) ai padroni del Lago.

Più da vicino vediamo che all’interno del periodo che va dalla caduta

dell’Impero Romano alla nascita della Regia Dogana di Puglia,

si verificano delle vicissitudini che interessano il territorio marsicano.

Nel 608 un prete nativo della Marsica divenne Papa col nome

di Bonifacio IV: Bonifatius natione Marsorum de civitate / leggi:

provincia Valeria (Liber Pontificalis, I, 317) [Grossi]. Nell’epoca longobarda

il territorio marsicano cominciò a riempirsi di chiese (Sancti

Benedicti in Auritino et Sancti Victorini in Celano et Sancti

Abundi in Arcu prope lacum Fucinum).

Edicola della Madonna del Tratturo in territorio di Castel Nuovo

Molte di esse furono dedicate

a Sant’Angelo, come la Sancti Angeli in Arcu delle Cese di San

Marcello a Celano, oppure come gli eremi e i santuari nella Valle

Roveto. Qui subito salta agli occhi la devozione per l’Arcangelo Michele,

magnificato in quasi tutte le realtà dell’Italia centro-meridionale,

ma soprattutto abruzzese.

Dei popoli della riva lacustre marsicana abbiamo una vivida descrizione

durante un placito tenuto nel giugno del 972, in cui venne

descritto il tratto detto Altorano (Atrano), posto fra Monterone

e la località Palude proprio sul tragitto dell’antico tratturo Celano-

Foggia. Ora lì nei pressi sorge il Museo preistorico di Celano, che è

una moderna struttura espositiva, immersa nel verde del Fucino e

ubicata in prossimità degli scavi del villaggio palafitticolo dell’età del

Bronzo finale (XII secolo a.C.). In quel luogo sorgeva l’antica chiesa

di Santa Maria in Padule in Altorano: “Per hos dies in placito

Marsorum comitium proclamante illo, refutata est ei ripa Fucini

cum piscaria sua, ab ipsa videlicet ecclesia sanctae Mariae de Monterone,

usque in sanctam Mariam de Palude, qui locus Altoran.um

nuncupatur; nec non et due servorum familie cum omnibus suis”

(Chron. Mon. Casin., 178, 10-32).

Prima mappa della Dogana di Foggia del Tratturo Celano – Foggia in territorio celanese.

Quattro anni dopo (976) l’abate cassinese concesse ad Aimerado,

in cambio di alcune chiese della contea Teatina, le chiese marsicane

poste sotto Celano e lungo la circonfucense, fra le quali: “Sanctae

Mariae in Montorone, Sancti Abundii in Arcu, Sanctae Mariae in

Oritino” (Chron. Mon. Casin., 178, 1-10); probabilmente la Santa

Maria in Oritino deve essere la precedente chiesa detta Santa Maria

in Palude nel placito del 972 [Grossi].

Segnali in Molise

Negli anni 1072-73 il giudice Giovanni, figlio di Azone, concesse

a Farfa, nella chiesa di Sancti Adriani in Marsi (Porciano), le sue

proprietà di Paterno (Chron. Farf., II, 160, 28) da dove poi sarebbe

partito il tratturo. Intorno al 1200 la pastorizia non subiva ancora

uno sviluppo progressivo, anzi ristagnava anche a causa della mancata

stabilità politica della Conca del Fucino. In quegli anni avvenne

la disfatta del conte Tommaso con la consegna delle terre di Celano

e della sua Contea all’imperatore Federico II.

In quell’epoca il tratturo, che ancora non era chiamato tale, era

tracciato in modo naturale e veniva utilizzato non a scopi pastorali

ma militari. Infatti il conte Tommaso, durante la battaglia contro

Federico II di Svevia, per giungere a Celano da Roccamandolfi, aveva

una sola strada da percorrere ed era proprio quella dove poi sarebbe

nato il tratturo.

Fontanile di Collarmele

Per far capire l’importanza di questa grande

via di comunicazione, basta citare il fatto che anche San Francesco,

giunto a Celano nel 1225, probabilmente su suggerimento di Tommaso

da Celano, suo seguace e primo biografo, nonché scrittore delle

Dies Irae, lo attraversò per portarsi in Puglia inseguendo la sua

opera di evangelizzazione.

Abile fu poi la politica di Ruggero nel 1266 con l’acquisizione di

Rocca di Mezzo e quindi di gran parte dell’altopiano delle Rocche,

utilizzato per la transumanza “verticale” della locale pastorizia fucense settentrionale.

Ultime transumanze verticali dal Tratturo al Sirente (azienda agricola Mangone)

Nel 1279 i principali centri della Valle Subequana, come Castelvecchio

Subequo e Gagliano Aterno, entrarono nel nuovo grande

stato feudale di Ruggero I ad esclusione delle nuove baronie angioine

di Santa Maria della Vittoria di Scurcola Marsicana, con i suoi

abati cistercensi possessori di molti feudi, di parte dell’attività pescatoria

fucense nonché di industrie armentizie con relative “poste”

nel Tavoliere di Puglia.

La seconda metà del Duecento vide quindi lo sviluppo della vocazione

pastorale del feudo marsicano, soprattutto nel 1289 quando

il conte di Celano donò la chiesa di Santa Maria dei Seniori, posta

nella pianura sottostante di Celano (la vecchia Santa Maria in Monterone)

alla pastorale abbazia celestiniana di Santo Spirito in Morrone.

Lo stesso conte, nel 1303 e 1309, per contrastare il potere di

Santa Maria della Vittoria di Scurcola, aveva fatto donazioni al nuovo

grande ospedale per i trovatelli “San Nicola Ferrato” di Pescina,

creato per volere di Bonifacio VIII nel 1295 dall’unione degli antichi

ospedali di San Nicola in Furca Ferrati (Forca Caruso) sulla via

Valeria, situato proprio sull’antico tratturo Celano-Foggia, e San

Rufino di Trasacco. Ancora oggi è possibile notare delle rovine di almeno

uno dei monasteri mentre i loro nomi sono stati dati alle due

vallate che fungevano, in tempi remoti, da spazi per il riposo dei

transumanti proprio lungo il tratturo Celano-Foggia.

L’importanza della Contea celanese fece sì che a maggio si svolgesse

sul piazzale antistante la chiesa di Sant’Angelo una fiera, ottenuta

da Pietro conte di Celano nel 1399 dal re Ladislao. Detta fiera

avveniva in maggio perché era il periodo del rientro dei transumanti

dalle terre di Puglia e prima di recarsi ai pascoli montani marsicani

del Sirente e del Velino.

Ultima arrampicata della transumanza verticale per raggiungere i pascoli del Sirente.

Gli inizi del XV secolo videro dunque Celano come il più grande

centro feudale della Marsica, con la sua vocazione prevalentemente

pastorale attuata attraverso una transumanza “verticale” e

“orizzontale”, indirizzata verso i pascoli estivi del Sirente, dell’alto

piano delle Rocche, e i pascoli invernali della Puglia, raggiungibili

attraverso il Regio Tratturo Celano-Foggia.La transumanza avveniva

anche verso l’Agro Romano che però era interdetto nel periodo aragonese

quando vigeva l’imposizione a raggiungere Foggia per la

“mena delle pecore” della Regia Dogana, che rappresentava la più

grande entrata finanziaria del regno di Napoli.

La transumanza, soprattutto quella orizzontale, portò a un potenziamento

urbano dei paesi di Aielli, Cerchio e Collarmele, posti

lungo la via transumante, e fece sì che il re desse il placito alla fiera

celestiniana celanese di maggio incrementando anche la crescita e il

culto della festività di Santa Gemma di Goriano Sicoli.

Giancarlo Sociali